ROMA – «A volte il treno sbagliato porta nella stazione giusta». Così recita un antico detto popolare che sottolinea come nella vita l’imprevedibilità degli avvenimenti sia un elemento decisivo per le sorti dell’essere umano. Una frase che pare scritta appositamente per definire il significato di Le due vie del destino, diretto da Jonathan Teplitzky nel 2013 e ispirato alla storia vera di Eric Lomax, reduce inglese della Seconda Guerra Mondiale che ha dovuto affrontare gli incubi e le paure che il conflitto gli ha lasciato. Tutta la sua storia, privata e non, ruota infatti intorno ai treni, grazie ai quali casualmente incontra l’amore, rischiando però la morte. Infatti durante la prigionia in Giappone, nel 1942, dove viene messo in un campo di lavoro forzato per la costruzione della linea ferroviaria tra la Birmania e la Thailandia (chiamata La Linea della Morte), viene sottoposto ad atroci torture.
I treni sono il filo conduttore della storia e tutta la pellicola ruota intorno al dilemma interiore e quasi paradossale di un uomo che è capace di conosce a perfezione le destinazioni delle linee ferroviarie eccetto quella più importante, quella della sua vita, bloccata da un passato angosciante. Così, la storia si dipana intorno alle relazioni che si creano tra i tre protagonisti principali. Eric Lomax, interpretato da Colin Firth, che comincia ad affrontare il proprio spinto dalla moglie (Nicole Kidman). Sarà lei il motore scatenante che permetterà al protagonista di non fuggire più le proprie paure ma affrontarle e sconfiggerle una volta per tutte. Sempre lei che decide di chiedere cosa sia successo ad Eric al suo vecchio compagno di armi Finlay (Stellan Skarsgard).
Tramite un articolo di giornale vengono a sapere che il torturatore di Eric è in vita e si trova ancora in Giappone. Il suicidio improvviso di Finaly, troppo schiacciato dai ricordi, dà ad Eric la spinta decisiva per partire e affrontare definitivamente la propria drammatica vicenda. Per chiuderla? Forse. Emblematico l’incontro finale con il suo torturato e l’inevitabile ma imprevedibile resa dei conti. Perché, dietro la ragnatela di dubbi, rimorsi, paure e angosce che affliggono il protagonista si nasconde la mappa dei sentimenti, sospese e intrappolate tra il passato e l’angoscia del futuro.
La metafora della ferrovia – proprio come racconta Le Due Vie del Destino (lo trovate su Prime Video) – è la perfetta allegoria di come la vita del Lomax sia stata il risultato di decisioni e casualità, tra incontri e coincidenze. Quello che però rimane in potere dell’essere umano è scegliere la direzione finale, e la stazione dove scendere. Così quel treno – decisamente sbagliato – fatto di atroci torture subite dal protagonista, gli ha poi dato la forza di perdonare il suo aguzzino in nome della vita che, proprio come i treni, per avere un significato ed un senso deve necessariamente andare avanti.
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