Siamo nel 1993: la comunità LGBT+ ha difficoltà a trovare supporto di qualsiasi tipo, sopratutto in un’ambiente estremamente religioso come quello in cui vive Cameron Post (interpretata da una perfetta Chloë Grace Moretz), sedicenne innamorata della sua amica Coley Taylor (Quinn Shephard). La scoperta da parte del suo ragazzo della relazione tra le due, convince però la zia di Cameron a spedirla al God’s Promise, un centro di terapia specializzato nel curare ragazzi affetti dal cosiddetto SS, ovvero l’attrazione verso individui dello stesso sesso.
Cameron si trova così improvvisamente all’interno di un soffocante circolo religioso, in cui conosce altri giovani pazienti costretti a intraprendere un percorso di cura basato sul rifiuto di sé stessi e torture psicologiche varie. La ragazza, però, possiede un’identità talmente forte che le impedisce di credere realmente ai precetti che le vengono imposti. Ed è proprio questo aspetto a consentire l’immedesimazione dello spettatore che osserva insieme a lei le vite più fragili che vivono nella struttura.
Nonostante la drammaticità della vicenda, la regista Desiree Akhavan riesce a donare al racconto sfumature da teen drama che spesso fanno sorridere senza mai perdere credibilità e intento morale, facendo riflettere su terribili convinzioni ancora attuali. La religione, elemento fondamentale del racconto, non viene mai colpevolizzata dalla regista perché usata come pretesto dai crudeli responsabili della struttura per compiere il lavaggio del cervello ai loro giovani. Il risultato, come nel caso di Cameron, sarà inefficace e avrà come unica conseguenza il ripudio della fede.
La fotografia di Ashley Connor, capace di trasmettere calma e tranquillità, è in netto contrasto con l’inquietudine continua della protagonista la cui storia d’amore rivive attraverso brevi flashback che riaffiorano durante le notti passate nella sua stanza. Parentesi di tenerezza per un’amore adolescenziale che svanisce con il brusco risveglio della protagonista, ricatapultata nella sua vita reale.
Il film, basato sul romanzo omonimo di Emily M. Danforth, è un mix di emozioni che porta ad un finale gratificante in cui si percepisce la libertà di un gruppo di ragazzi a lungo oppressi. La Diseducazione di Cameron Post, vincitore del Gran Premio Della Giuria al Sundance nel 2018, documenta quanto le convinzioni errate possano danneggiare l’amore sincero di un adolescente per la propria famiglia, gli amici e la persona che si desidera, dando coraggio per lottare per l’affermazione della propria identità.
Potete vedere La diseducazione di Cameron Post su CHILI.
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Qui potete vedere la nostra alla regista Desiree Akhavan:
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