ROMA – Arthur, un inglese nullafacente, bello e arruffato e da poco uscito di prigione, torna in una cittadina rurale della Toscana alla ricerca di reliquie e del suo amore perduto, Beniamina. Con qualche esitazione riallaccia i rapporti con un gruppo di tombaroli, ladri di corredi etruschi e meraviglie archeologiche. Parte da qui La Chimera, il nuovo film di Alice Rohrwacher con protagonisti, tra gli altri, Josh O’Connor, Carol Duarte, Isabella Rossellini e Alba Rohrwacher, che dopo il concorso di Cannes lo scorso maggio e il passaggio in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma, arriva ora nelle sale italiane.

Un film di chiusura al sapore di consacrazione per la Rohrwacher, dichiaratamente concepito come: «Il tassello finale della Trilogia del Territorio iniziata con Le Meraviglie (e proseguita poi con Lazzaro Felice nda) che pone la domanda: cosa fare con il passato? È un mondo perduto o riguarda intimamente il nostro presente?». Dello stesso avviso l’executive Carlo Cresto-Dina: «La Chimera chiude quella che io chiamo la Trilogia dell’Identità Italiana. Sin dall’inizio, per chiuderla del tutto, Alice ha pensato a un protagonista non-italiano che in un certo senso rappresentasse una prospettiva esterna su noi italiani».

E quindi La Chimera come storia di una terra e dei suoi meravigliosi segreti, intessuti dalla Rohrwacher all’interno di una dimensione favolistica e incantata – eternamente in bilico tra antico e moderno, tradizione e innovazione – in un concatenamento di momenti poetici in inquadrature intense, tese e dai vividi colori pastello, uniti sino a formare una discesa onirica sospesa tra il mondo della veglia e quello del sonno, tra la vita, la morte e il loro mistero. Un’opera ammaliante che racconta dei sogni della vita, del vuoto della terra da ascoltare e di amori perduti e ritrovati tra boschi e città, feste e solitudini.

Sulla scia dei precedenti Le Meraviglie e Lazzaro Felice, nel servirsi di un’agente esterno con cui spezzare gli affannosi equilibri di contesti rurali astratti, sospesi, senza tempo e fuori dal tempo, la Rohrwacher punta il dito contro gli uomini e le loro criticità. In particolare la paura dell’ignoto, dell’altro, dello straniero e delle sue apparenze. Da qui la scelta di raccontare La Chimera dal punto di vista narrativo del caratterialmente colorito Arthur di un commuovente O’Connor per intensità e dedizione artistica e il suo intrecciarsi nel mondo tra l’imperituro ricordo di Beniamina e l’Italia della Duarte nella ricerca della propria chimera/sogno impossibile e di un cinema – quello di Alice Rohrwacher – di cui difficilmente potremo fare a meno.
- HOT CORN TV | Alice Rohrwacher: «Omelia Contadina, JR, la comunità»
- VIDEO | Qui per il trailer del film
Lascia un Commento