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La Brexit e la lezione politica di Paddington

L’orsetto di Michael Bond, l’immigrazione, i due film e quella nomination mancata

LONDRA – «Sì, è anche meglio dell’originale», hanno scritto i critici di Paddington 2. Ma com’è possibile? C’era un che di profondamente incantevole nella parabola del primo film diretto da Paul King sull’orso peruviano che cerca accoglienza in terra straniera. Eppure, in qualche modo, King è riuscito a superarsi e girare qualcosa di più complesso di Paddington. I BAFTA – non a caso – hanno dato al film tre nomination, ma Paddington 2 è stato ingiustamente ignorato dagli Oscar, un peccato, anche perché è un film decisamente attuale: un’avventura famigliare che riflette sul concetto di pregiudizio, una nozione che gli Stati Uniti dominati da Trump conoscono bene.

Il regista Paul King con Michael Bond, il creatore di Paddington, scomparso lo scorso 27 giugno.

Paddington arriva a Londra, nella stazione da cui poi prenderà il nome, senza un penny, con addosso solo una targhetta che chiede di prendersi cura di lui. Cerca un futuro migliore in una terra straniera, sperando di integrarsi in una nuova società che vorrebbe diventasse la sua nuova casa. Ovviamente troverà anche dei nemici, come il signor Curry (Peter Capaldi) che non vuole tipi come lui nel suo quartiere. Ma la famiglia Brown di Hugh Bonneville lo accoglie immediatamente e nel sequel, Paddington diventa un riferimento per la comunità, portando gentilezza e empatia, cercando di vedere il meglio in ogni persona. Insomma, un messaggio accessibile e progressista per le generazioni più giovani, che dimostra come spesso la politica vada cercata proprio nella vita reale più che nella fantasia.

Paddington e la famiglia Brown in una scena di Paddington 2

Michael Bond – il creatore di Paddington – per inventare l’orsetto si ispirò agli immigrati che arrivarono dai Caraibi a Londra tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Per questo la storia si svolge a West London, parte occidentale di Londra (nel film diventa Westbourne Oak – tra Westbourne Park e Royal Oak – capito?), perché è proprio lì che arrivarono i primi immigrati caraibici, da cui il famoso carnevale di Notting Hill, che si celebra ogni anno. E il rimando a quella cultura è evidente nel modo in cui King in Paddington 2 fa interagire i musicisti di calypso con la trama del film.

Chalcot Crescent, Primrose Hill, a Londra, dove abita Paddington nel film.

Sono cresciuto tra Westbourne Park e Royal Oak, e ancora vivo qui. In molti modi sono ormai un abitante di Westbourne Oak e Paddington è il preciso riflesso di come vorrei vedere rappresentata casa mia al cinema. Londra è un miscuglio di culture differenti e non posso esserne più fiero. Ricordo che nella mia classe, quando andavo a scuola, eravamo solo sei bambini bianchi inglesi su un totale di venticinque, e in quel contesto ho imparato un sacco di cose sul mondo e su me stesso. Ed è proprio questo quello che rende Londra un posto unico in cui vivere.

Paddington e il libro pop-up con il Tower Bridge di Londra.

Questa è l’Inghilterra che conosco. Se solo chi ha votato per la Brexit avesse adottato il punto di vista ottimista di Paddington molto probabilmente non ci ritroveremo in questo caos politico. A Londra la maggioranza delle persone ha votato per rimanere in Europa, chi ha votato contro abita in altre zone del Paese e probabilmente non ha mai visto un rifugiato: ha semplicemente paura di ciò che non conosce. Per quanto riguarda noi londinesi, viviamo in mezzo agli immigrati e ci piace averli qui. Paddington è il simbolo di ogni immigrato. E rappresenta anche noi, perché rafforza il messaggio che siamo tutti uguali. E allora, è davvero troppo tardi per dare un Oscar a Paddington 2?

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