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Kiyoshi Kurosawa: «Tokyo Sonata, Mario Bava e il mio ottimismo per il futuro del cinema»

Ospite della rassegna Il Cinema in Piazza, il Maestro ha parlato in un incontro stampa del suo cinema

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Kiyoshi Kurosawa a Il Cinema in Piazza presenta Tokyo Sonata

MILANO – Conosciuto dal grande pubblico per i suoi film horror come Cure, License to Live e Pulse, Kiyoshi Kurosawa è uno dei registi giapponesi più apprezzati anche dal pubblico occidentale. Il Maestro è stato ospite della rassegna Il Cinema in Piazza che, da otto edizioni, accende l’estate di Roma con proiezioni e ospiti da tutto il mondo. In un bell’incontro con i fratelli D’Innocenzo, ha presentato al pubblico un suo film del 2008 ancora inedito in Italia, Tokyo Sonata. L’abbiamo incontrato nel corso di una piccola conferenza stampa via Zoom, in cui ha raccontato del suo rapporto con l’Italia, della sua filmografia e del futuro del cinema.

TOKYO SONATA – «Ho cambiato la scena finale perché ho lavorato su una sceneggiatura non mia che prevedeva un finale diverso da come l’ho girato io. Era scritta da uno sceneggiatore australiano. Nel suo finale si prevedeva di portare la storia dieci anni dopo i fatti raccontati nel film. Si vedeva il figlio minore, l’amato, diventato un pianista in concerto in un grande Auditorium dove il pubblico si alzava in piedi e c’erano anche i genitori ad acclamarlo. Io volevo fare qualcosa di più dimesso, di più quotidiano. Così ho cambiato il finale con quello che si vede nel film. È stato qualcosa di nuovo per me».

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Kiyoshi Kurosawa, Maestro giapponese noto per i suoi film horror

IL FILM A ROMA – «È stata un’esperienza estremamente stimolante per l’ambiente in cui mi sono trovato, con questo cinema all’aperto. Mi capita molto raramente di vedere i miei film sul grande schermo e sono rimasto molto colpito dalla passione per il cinema di un grande pubblico che è formato da così tanti giovani. Questa esperienza va al di là dei rapporti tra me e l’Italia o tra l’Italia e il Giappone perché mi ha fatto percepire quanto la passione del cinema è qualcosa che travalica i confini e le differenze culturali. Quello che ho visto mi ha fatto sperare che il cinema potrà continuare a vivere ancora per molto».

Kiyoshi Kurosawa durante l’incontro a Il Cinema in Piazza. Foto: Claudia Rolando

CINEMA ASIATICO – «Vorrei fare una distinzione – anche se si parla in generale di cinema asiatico -, perché da una parte c’è il cinema coreano che sta godendo di un successo strepitoso su tutti i livelli presso un pubblico molto variegato. Dall’altra parte il cinema giapponese non gode dello stesso successo e forse ci sono un paio di autori che sono sotto l’attenzione del pubblico occidentale ma sono pochi rispetto alla molteplicità del cinema nipponico. Un discorso a parte vale per l’animazione che invece gode di un’indiscussa popolarità. Penso che quando dobbiamo riflettere sul cinema contemporaneo, non serve molto avvalersi della categoria della nazionalità perché alla fine il messaggio che arriva attraverso il cinema è che al di là del Paese d’origine tutte le persone si trovano ad affrontare problemi molto simili. Il mio ideale di cinema è che lo spettatore può interessarsi a una certa cinematografia nazionale, però questo deve essere soltanto l’inizio. Perché spero che poi si dimentichi di quel film e di quello specifico Paese e si identifichi nei problemi che vengono messi in luce e affrontati dai personaggi nel dramma che vivono. Quando rifletto sul cinema voglio pensare a qualche cosa che va oltre la questione della nazionalità del film.»

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Una scena di Tokyo Sonata di Kiyoshi Kurosawa

IL MIO CINEMA – «Non so qual è il fil rouge dei miei film e cosa accomuna o rende diversi un mio film da un altro. Faccio film in maniera inconsapevole rispetto a quelle che possono essere le tematiche e le poetiche. Lascio questo lavoro ai giornalisti e ai critici. Da questo punto di vista per me è molto importante avere la loro collaborazione in modo da poter definire io stesso quali sono le caratteristiche del mio cinema. Non mi considero tanto un autore quanto un artigiano. Realizzo un film che riesco a fare in un dato momento con determinate condizioni oppure perché mi viene fatta la richiesta di girare un certo tipo di film e di rispondere nel modo più coerente e fedele a ciò che mi viene commissionato. Quello che faccio è determinato da chi sta intorno a me più che da quello che decido io stesso. Cosa farò nel prossimo futuro dipenderà da chi sta intorno a me e da questo nascerà il mio prossimo film…».

I MITI CINEMATOGRAFICI – «Ce ne sono tantissimi. È difficile adesso nominare tutti i registi che apprezzo e che hanno avuto influenza su di me, però rimanendo in ambito italiano faccio il nome di Mario Bava. Potrei anche parlare di un regista quasi banale come Federico Fellini che sin da giovane ho apprezzato moltissimo. E Sergio Leone, ovviamente».

Una scena di Pulse di Kiyoshi Kurosawa

SALE E STREAMING – «Per la mia generazione il diffondersi delle piattaforme streaming non è una minaccia per i film che si possono vedere nelle sale cinematografiche. Pensando alla storia del cinema e a come il cinema in realtà sia sempre stato minacciato da altri medium come la televisione e le videocassette e o i dvd. In ognuna di queste occasioni il cinema è riuscito a difendersi e a trovare una convivenza con questi altri mezzi. Non vorrei sembrare troppo ottimista ma la mia visione è che il cinema e le piattaforme streaming non sono in concorrenza ma si sostengono a vicenda. In Giappone si hanno anche casi di film che prima vengono mandati in streaming e poi sono proposti nelle sale. Credo che sia i film in streaming sia quelli realizzati per la sale contribuiscano a creare interesse per il cinema, qualunque sia la forma con cui vengono trasmessi».

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