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John Woo: «Manhunt, Sergio Leone e l’importanza dell’ironia nel mio cinema»

In occasione dell’uscita di Manhunt su CHILI il regista di Hong Kong si racconta a Hot Corn

John Woo a Venezia74. Foto Shutterstock.

Regista, scrittore, produttore. John Woo è uno dei più importanti e influenti cineasti del cinema d’azione moderno. Con il suo ultimo film, Manhunt – ora disponibile su CHILI – firma il suo ritorno alle origini grazie alla storia dell’avvocato Du Qiu, costretto a seguire un caso di omicidio fino al momento in cui le prove raccolte indicano lui come responsabile. La polizia inizia una gigantesca caccia all’uomo, ma l’esperto detective Yamura si rende conto che questo caso, apparentemente già chiuso, non è così semplice. Adattamento del romanzo Devi attraversare il fiume dell’ira di Yuko Nishimura, portato già sullo schermo da Jun’ya Sato nel 1976 e interpretato dalla stella del cinema giapponese Ken Takakura, Manhunt è il dichiarato tributo di Woo al cinema poliziesco anni Sessanta e Settanta.

John Woo durante la preparazione di una scena sul set di Manhunt.

L’ISPIRAZIONE «IL ruolo di Ken Takakura nella mia formazione? Lo ammiro fin da quando ero un bambino. Ho visto molti suoi film e lo considero uno dei migliori attori della storia. È un uomo di grande carattere e carisma. Dopo A Better Tomorrow cercò di contattarmi per lavorare con me ma sfortunatamente non avevo un copione adatto. Mi rattristò molto  la notizia della sua morte e avrei voluto fare un film per omaggiarlo».

Ken Takakura e Michael Douglas, nel 1989, sul set di Black Rain.

MANHUNT «La Media Asia mi ha contattato per realizzare il film. La versione originale era stata un grande successo in Cina negli anni ’70, tutti lo conoscevano ed erano impazziti per Ken Takakura. In molti si aspettavano un film uguale all’originale ma era impossibile anche se mi ha reso felice poterlo omaggiare. Non avendo i diritti per il remake dell’originale, ma solo del romanzo da cui è tratto, abbiamo dovuto sviluppare diversamente la trama. Il risultato finale è quindi profondamente diverso».

Una scena di Manhunt.

USA VS. GIAPPONE «Sono esperienze diverse: ad Hollywood tutti sono molto professionali e c’è grande dedizione. In Asia, specialmente in Cina, c’è grande entusiasmo, ma i giovani, che iniziano a lavorare presto, hanno molto da imparare e devono farlo in fretta. Apprezzo entrambi gli ambienti, ma per il prossimo film mi piacerebbe girare in Europa. Ho avuto la possibilità di lavorare in America, Cina, Giappone ma questa volta vorrei lavorare in un paese europeo perché ne ho sempre ammirato il cinema che mi ha insegnato molto e verso il quale sono in debito, molto di più rispetto a quello hollywoodiano…».

John Woo sul set di The Crossing.

L’IRONIA «Perché la considero importante nei film d’azione? Crea momenti divertenti e, indipendentemente dal tipo di azione, la rende meno violenta. Se la si rappresenta in modo ironico, si riesce anche a trasformarla in qualcosa di divertente da guardare, senza sensazione di rigetto».

Una scena di Hard Boiled.

MISSION: IMPOSSIBLE 2 «Tom (Cruise n.d.r.) è una star ma ha anche un grande cuore e dedizione. Mi ha meravigliato che abbia voluto girare il 98% degli stunt senza controfigura, indipendentemente dalla pericolosità. Ricordo che gli piaceva girare le scene in bilico su un dirupo a 70 metri d’altezza con solo una corda di sicurezza in vita. La cosa mi preoccupava molto ma lui ribatteva sempre: “John, lasciamelo fare, altrimenti gli spettatori se ne accorgeranno che è stato girato dallo stuntman”. Siamo diventati ottimi amici tanto che quando portava con sé i figli sul set e doveva girare me li affidava. Ero diventato una specie di nonno. Mi sono molto divertito con lui, così come con John Travolta, Nicholas Cage e persino Ben Affleck».

Tom Cruise sul set di Mission: Impossible II.

FACE/OFF «Un ricordo del film? Il capo dello Studio, Sherry Lansing (moglie di William Friedkin n.d.r.). Fare un film con un grosso budget, in un grande studio vuol dire ricevere continue richieste di modifiche al copione. Lei rispondeva sempre: “L’unica cosa che voglio è un film di John Woo. Nessuno deve infastidirlo”. Mi hanno dato grande libertà creativa. Il produttore esecutivo era Michael Douglas e inizialmente il film doveva essere di fantascienza. Io, però, volevo raccontare una vicenda umana, di divertimento, speranza e amore. Era un rischio perché ai tempi l’azione non era abbinata a elementi drammatici, si pensava non aggiungessero nulla al film. Così Face/Off fu il primo film d’azione e, contemporaneamente, drammatico. Sono molto felice di essere riuscito a realizzarlo».

Una scena di Face/Off.

IL CINEMA CONTEMPORANEO «Ho visto di recente molti film di autori europei ma è difficile ricordarne i nomi! Mi sembra che attualmente ci siano giovani registi tedeschi, inglesi e italiani migliori degli americani. Il cinema europeo è riuscito a mantenere la propria tradizione, non ha seguito la deriva sci-fi del cinema americano che finisce per rendere i film vuoti».

Colin Farrell e Rachel Weisz in The Lobster di Yorgos Lanthimos.

I REGISTI ITALIANI «Il primo nome che farei è Bernardo Bertolucci. Il secondo è Federico Fellini. Il terzo è il regista di Nuovo Cinema Paradiso, Giuseppe Tornatore. Ho imparato molto da Bertolucci e in gioventù anche da Michelangelo Antonioni. Inoltre ho sempre ammirato Sergio Leone. Ha insegnato e ispirato moltissimo il cinema di Hong Kong e molti registi di film d’azione ne hanno imitato lo stile e imparato da esso. Io sono uno loro: il suo utilizzo della camera, le riprese estremamente ravvicinate sulle espressioni degli attori… indimenticabili. E poi è sempre stato un grande sostenitore dell’azione…»

Clint Eastwood in una scena de Il buono, il brutto e il cattivo. Era il 1966.
  • Qui potete vedere il nuovo film di John Woo su CHILI: Manhunt

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