Una, nessuna e centomila Jasmine Trinca. L’attrice romana sta vivendo un periodo professionale felicissimo. L’ultima sorpresa che riserva al suo pubblico riguarda nientemeno che Topolino: nel numero speciale appena pubblicato in edicola, e dedicato al Giffoni Film Festival, ha sceneggiato la storia Zio Paperone e la Minaccia del Maxi Gattone. Dopo la vittoria come miglior attrice al Festival di Cannes per Fortunata e il ruolo di giurata alla Mostra del Cinema di Venezia – dove aprirà la Sezione Orizzoniti di Venezia 75 con Sulla mia pelle -, si concede di allargare i suoi campi lavorativi. Eccola, allora, in queste insolite vesti, ma pronta ad esplorare anche nuove prospettive, compresa la regia, come ha raccontato ad Hot Corn.
TOPOLINO «L’idea della storia è quella di esplorare i timori dei bambini. Di solito si annidano nel buio. Una delle mie paure di quand’ero piccola e immaginavo il gatto mammone, gigantesco e senza forma che mi terrorizzava. Ho proiettato quel sentimento rivisitandolo, ma aggiungendo anche personaggi femminili capaci di raccontare la complessità delle donne. Amelia, poi, è una stregaccia a cui mi sento molto vicina e l’ho voluta a tutti i costi. Ho un debole per il fumetto e, soprattutto ora che sono madre, vedo e rivedo storie animate. Le ultime? Inside Out e Coco, davvero straordinari».
GLI ESORDI «Nel mio liceo a Roma passavano tanti registi a cercare ragazzi che non fossero professionisti, ma io non sono mai andata a questi incontri, scappavo dal corso di teatro. Poi è arrivato Nanni Moretti ed ero curiosa di conoscerlo. Quel giorno si è presentata tutta la scuola e io che avevo compiti da fare per l’interrogazione dell’indomani stavo quasi per andarmene. Quello è stato il mio giorno “alla Sliding Doors”. La volontà ha un grande valore, è vero, ma anche il caso ci mette lo zampino…».
FORTUNATA «Anch’io come Fortunata vengo da una famiglia semplice e povera, sono stata cresciuta da una madre coraggio, anche se non ho la sua sguaiatezza da popolana. In lei ci sono suggestioni della Loren e della Magnani, citazioni di Pasolini e degli Anni Cinquanta, ma anche la Roma attuale. Ho avuto però dei mezzi diversi, perché mamma ha voluto che frequentassi il classico anziché l’oratorio davanti a casa. È imperfetta, sbagliata, fragile e volgare, eppure questa donna ha una parabola che la porta a salvarsi da sola quando si permette di essere madre. Per me è una storia romantica».
MICHELE PLACIDO «Lo ricordo sul set di Romanzo Criminale, mi ha fatto smettere di raccontare me stessa per spostarmi sul personaggio. Nella scena in cui Roberta e il Freddo si lasciano ero caricata quasi a molla, pronta a mettere in scena lo strazio di due amanti che si dicono addio. Ad un certo punto, invece, arriva sul set Placido che… mangiava un panino con la porchetta. Quando mi ha parlato ha smontato la sacralità che avevo costruito e al tempo stesso mi ha insegnato la semplicità della messa in scena».
VENEZIA «La giuria alla Mostra lo scorso anno? Non avendo mai sognato questo mondo, l’ho guardato senza idealizzare i divi americani. L’unica tragedia? Il mio inglese che non mi permetteva di esprimermi in maniera articolata quanto avrei voluto. Il presidente Annette Bening voleva che argomentassimo qualsiasi presa di posizione, anche se il film non ci piaceva, che emozione, mi sembrava di stare in classe. Ho fatto amicizia con Edgar Wright che mi ha detto di voler girare con me un film a Roma, ma a volte queste cose si dicono tanto per parlare… Chissà…».
IL FUTURO «La regia? Non sono in grado di distinguere un obiettivo al posto di un altro per la macchina da presa, ma ci sto pensando, anche se per essere regista devi imparare a gestire un gruppo di persone. La verità è che mi censuro molto e, tra l’altro, le donne non si autorizzano a fare qualcosa finché non pensano di aver raggiunto l’eccellenza in quel determinato campo. A me piace pensare di avere lo sguardo da autrice e non solo da attrice, quando mi sentirò pronta, forse, metterò in moto questa macchina. Ma, se devo essere sincera, non mi sembra un caso che a Cannes la sezione che mi ha premiata per Fortunata si chiami proprio così: Un Certain Regard, Un Certo Sguardo…».
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