ROMA – Tomasz Giemza, uno studente di giurisprudenza caduto in disgrazia e ossessionato dalla famiglia progressista e benestante Krasucki, accetta un lavoro presso un’agenzia di pubbliche relazioni. Quello che sembrava solo un altro incarico si rivela essere una fattoria di troll in rapida crescita, dove eccelle nel business della diffusione di fake news e odio online contro personaggi famosi, celebrità di Internet e politici. Con il tempo, Tomasz inizia a usare le sue nuove competenze acquisite per perseguitare, molestare e infine controllare i Krasucki. Questo The Hater, film del regista Jan Komasa scelto come film d’apertura della XII edizione di CiakPolska Film Festival che si svolgerà a Roma tra l’8 e il 17 novembre. Abbiamo avuto modo di incontrare Komasa per parlare del film (che potete trovare comodamente su Netflix) tra genesi creative, figure animate e sorprendenti ispirazioni.
LE FIGURE ANIMATE – «Come punto di partenza nella scrittura di un film cerco sempre quella che mi piace chiamare una figura animata. Una sorta di algoritmo che coglie nel presente – ma anche fosse un film storico, una serie, non importa – fortemente ancorato al presente, così che possa poi restare nello spettatore anche dopo la visione del film. Se sufficientemente forte, anche se la drammaturgia alla base del racconto può risultare un po’ debole, comunque c’è un ancoraggio nella percezione dello spettatore che lui si porta dietro. E questo ciò che mi interessa in fase di scrittura. Mi piace catalogare queste figure animate, le colleziono, le tengo da parte per quando può arrivare la giusta occasione. Quando ad esempio un produttore mi propone un film con personaggi non particolarmente definiti, io mi misuro con loro e la storia in riferimento alle figure animate di cui dispongo, e se trovo qualcosa che può funzionare, beh, la faccio!»
LA PREMESSA – «Una cosa che mi interessava particolarmente in The Hater era la situazione alla base. Fin dalla primissima infanzia un bambino è cresciuto in compagnia di una bambina in un agriturismo dei genitori. Lei, proveniente dalla città, veniva lì con i suoi genitori per un paio d’anni. Poi, a un certo punto, crescono, le vacanze cessano, loro non si vedono più. Lui, da adulto, cerca di raggiungerla in città, sognando quell’incontro, una promessa d’amore mai firmata. Pensavo fosse una bella premessa per il film. D’altronde viviamo in una società dove, in continuazione, qualcuno promette qualcosa a qualcun altro. E una situazione in cui hai investito i tuoi sogni in qualcosa che poi non è aderente alla realtà, è un qualcosa che accade di frequente e che a me premeva raccontare. È questa la figura animata del film».
JOKER – «The Hater è nato così. Il mio produttore Jerzy Kapuściński lavorava in una rete televisiva polacca da cui si è licenziato, come tanti prima di lui, a seguito del cambio del vento politico. La situazione era diventata insostenibile per lui e mi disse: Guarda, sto osservando una cosa, nella nuova realtà si investono moltissimi soldi per foraggiare i troll sui social media. Un qualcosa che in un modo o nell’altro finisce con il condizionare la società e il mondo intorno. Mi sembra l’idea adatta per farci un film. E così, tra la mia figura animata pronta e questo tema unico, non c’è voluto molto prima che The Hater prendesse forma. Ci tenevo molto che questo film non fosse impegnato politicamente, né di destra né di sinistra, come Tomasz che si fa finanziare da politici di ambo le parti con il solo obiettivo di scoprire cosa accadrà alla fine di questa catastrofe sociale. È come il Joker. Tomasz è il mio Joker. Da decenni l’America costruisce decine di film su Batman, a un certo punto è apparso Joker e ha spopolato. Perché Joker colpisce ognuno di noi, è parte della sua natura».
FINCHER E HIGHSMITH – «Il suo cinema ha influito molto, sono neo-noir, neo-thriller, da The Social Network a Millennium – Uomini che odiano le donne, ma più in generale ciò che mi interessa molto come regista è la psicologia portata all’estremo di certi personaggi. A volte, per questa ragione, la critica mi accusa di annoiare il pubblico. Ciò che ritengo più affine a me è la letteratura di Patricia Highsmith. Per Tomasz – e un po’ tutta la narrazione di The Hater – mi sono ispirato anche a Il talento di Mr. Ripley»
- INTERVISTE | Jan Komasa racconta Corpus Christi
- VIDEO | Qui per il trailer di The Hater:
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