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Jan Komasa: «Corpus Christi e il potere rivoluzionario dello stare uniti»

Il Covid, la Chiesa, Bartosz Bielenia e l’importanza delle comunità: l’intervista al regista polacco

corpus christi

MILANO – Dopo essere stato presentato lo scorso anno al Festival del Cinema di Venezia e essere stato candidato come Miglior Film internazionale agli Oscar, Corpus Christi, opera terza di Jan Komasa, torna nelle sale, dal 29 ottobre, distribuito da Wanted Cinema riprendendo il suo viaggio interrotto a causa della pandemia da Coronavirus. Cavalcando l’onda del successo del recente The Hater, approdato su Netflix, Corpus Christi è una visione ottimista sullo spirito di comunità che unisce gli uomini. Basato su una storia vera, ambientato in Polonia, è un piccolo gioiello da non perdere. In un incontro stampa via Zoom con i giornalisti Komasa ha parlato del film, della sua creazione e delle sue idee, lasciando anche un piccolo messaggio al pubblico italiano.

TORNARE IN SALA «È un po’ surreale tutta questa situazione con la pandemia se penso che un anno fa mi trovavo al Festival del Cinema di Venezia a mostrare questo film per la prima volta. Penso a quel periodo come se appartenesse a una vita precedente tanto tutto questo è surreale. Dopo così tanti mesi il mio rispetto è aumentato sempre di più, soprattutto vedendo come il nostro settore è stato colpito dalle difficoltà dovute a questa situazione. Anche perché mi sono reso conto di come la distribuzione sia il sangue del nostro settore. Sono estremamente felice del fatto che il film potrà nuovamente uscire nei cinema, soprattutto in Italia, dove tutto è cominciato».

Corpus Christi
Una scena di Corpus Christi

LA STORIA VERA «Il film si basa, con molta libertà, su un fatto avvenuto nel 2011 in Polonia, dove un ragazzo si è finto prete all’interno di una piccola comunità. Facendo ricerche, ho scoperto che ogni anno ci sono diversi casi in cui persone provano a impersonare preti o altre figure all’interno della Chiesa. Quello di nove anni fa però è stato un caso eccezionale, ed è per questo che ne ho voluto riprodurre lo spirito. La cosa interessante era cercare di capire perché una persona che vuole fare del bene come fine ultimo viene perseguitata, trattata come un criminale e addirittura espulsa da una comunità. Qualcosa che trovo assurdo e che mi riporta un po’ a pensare al Nuovo Testamento, in particolare alla figura di Gesù. Ma ancor prima mi porta a pensare a figure come quella di Socrate e di altri rivoluzionari che hanno voluto portare la verità e valori come la comprensione, lo spirito di comunità, senza utilizzare violenza e odio. Proprio per questo motivo sono stati trattati come un pericolo per la comunità stessa. Oggi ci sono persone che marciano con in mano un fiore, persone che scuotono il mondo e proprio per questo molti si sentono minacciati da loro».

Una scena del film

BARTOZ BIELEINA «Tutti dicevano, ancora prima di Corpus Christi, che Bartosz Bielenia era un attore pieno di talento che sarebbe andato lontano. Ma i produttori sono estremamente conservatori nel loro approccio e difficilmente lo sceglievano perché troppo strano. La sua fisionomia è talmente tanto ambigua che non veniva mai scelto come protagonista ma per interpretare criminali, pazzi, cattivi, psicotici. Quando ho scelto Bartosz i produttori pensavano che stessi cercando di essere un po’ troppo artistico. Gli ho detto che credevo profondamente nella mia scelta e che vedevo in lui qualcosa, grazie anche ai suoi lavori a teatro. Appena l’ho visto ai provini ho capito che c’era qualcosa di così diverso, speciale, straordinario in lui, era talmente tanto un mistero che non sapevo dove saremmo arrivati insieme, ma non vedevo l’ora di fare quel percorso».

Bartosz Bielenia

LA CHIESA «Corpus Christi nasce dai miei desideri, dal fatto che mi mancano i vecchi tempi in cui si parlava della comunità all’interno della comunità. Nel film c’è la speranza che un giorno riusciremo tutti a sedere allo stesso tavolo e che ci sia la possibilità in Polonia e nell’Unione Europea di diventare una cosa sola. Non ho mai avuto così tanti dubbi come in questo periodo, e forse per questo motivo ho girato The Hater dopo Corpus Christi. La Chiesa aveva paura quando abbiamo chiesto di girare il film in quelle zone, non è stato facile. Avevamo molte scene che dovevano essere girate all’interno di una chiesa e il vescovo di quella zona non ci ha dato il permesso di farlo. Nel documento ufficiale in cui vi veniva rifiutato il permesso di girare – basandosi solo sullo script – ha dato come motivazione il fatto che la sceneggiatura avesse un approccio anti-cristiano, anti-cattolico e che sminuisse troppo il ruolo della Chiesa perché mostrava come chiunque potesse diventare prete».

Corpus Christi
Un’immagine di Corpus Christi

IL MESSAGGIO «Mi dispiace molto che la pandemia da Coronavirus abbia avuto inizio in maniera così violenta in Italia. Anche noi in Polonia viviamo la stessa situazione e stiamo affrontando la seconda ondata. Credo però che proprio grazie a questa situazione dobbiamo chiederci che tipo di comunità siamo e cosa vogliamo. Se ci pensate per molti decenni si è comunicato la politica e i dibattiti ma è bastato un virus per distruggere un po’ tutte le nostre certezze. L’unico modo per combattere questo virus e questa situazione è quello di stare uniti. Ci sono anche diverse opinioni su come si debba affrontare questa crisi esistenziale. Alcune persone la vedono come un’opportunità per portare avanti in modo forte delle agende politiche di estrema destra o di estrema sinistra. Io spero che grazie alla visione di Corpus Christi il pubblico italiano possa vedere come la Polonia sia molto più italiana di quanto pensi e che condividiamo in fondo gli stessi problemi sociali. Forse da un certo punto di vista può apparire deludente come cosa, però allo stesso tempo bella. Perché è una cosa che ci rende molto più uniti, invece che distanti».

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Qui potete vedere il trailer di Corpus Christi:

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