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Sacro, profano e un film da Oscar: Corpus Christi

Diretto da Jan Komasa e interpretato da Bartosz Bielenia, l’opera è tra i candidati agli Academy 2020

Bartosz Bielenia è Daniel in Corpus Christi
Bartosz Bielenia è Daniel in Corpus Christi

MILANO – Ancora una volta, è il caso di dire che la realtà è molto più strana della finzione. Come nel caso di Corpus Christi, diretto da Jan Komasa e candidato agli Oscar come Miglior film internazionale, che è tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto: per tre mesi, un diciannovenne si finse prete, non risparmiandosi dal celebrare matrimoni, battesimi e funzioni varie. Siamo in Polonia, nel 2019, e il protagonista della storia, Daniel (Bartosz Bielenia), si trova in un centro di detenzione giovanile per omicidio. Il film parte da qui, e da qui segue il corso parallelo alla sua vita. Quello che si configura come un risveglio spirituale, mentre sconta la pena, va però a scontrarsi con la falsità dei “buoni” propositi per la riformazione dei criminali in carcere.

Una scena di Corpus Christi
Una scena di Corpus Christi

Nonostante le continue professioni di speranza affinché possano ricostruire la propria vita una volta liberi, il passato criminale rimane un ostacolo invalicabile per rientrare a pieno nella società civile. Qui, anche il messaggio di Dio non favorisce la risoluzione delle cause che portano al declino degli strati sociali più in difficoltà e alla violenza. E così, a Daniel non viene permesso di entrare in seminario. Incappando nel più classico degli equivoci, in una serie di fortunati (o sfortunati?) eventi, viene però scambiato per un sacerdote e inizia a professare in una piccola parrocchia. Jan Komasa, utilizza gli schemi del film di genere, senza troppe spettacolarizzazioni, e la psicologia dei personaggi per delineare il suo eroe, o martire, a seconda dei punti di vista.

Amen!
Amen!

Un ragazzo enigmatico, turbato, diventa un prete fondamentalmente anticonformista, ma che riesce a farsi amare dalla gente. È amichevole nei confessionali, beve birra, inscena sermoni e prediche come fossero brani rap. Nonostante non emerga del tutto fino a dove si spinga la sua dedizione, compare il confronto generazionale quando dialoga con l’anziano sacerdote ufficiale, un uomo che ha fatto del quieto vivere, con tutte le conseguenze annesse, la trave portante della sua esistenza.
Come dichiarato dallo stesso regista, il film si ispira addirittura a Le onde del destino di Lars von Trier, con alcune scene che gli rendono un tangibile omaggio.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…

Corpus Christi, però, non vuole essere contro la religione, ma solo contro quella parte asservita al potere. Quindi, contro i dogmatismi, contro la smania di assegnare Il Peccato, quella pena che sembra essere ineluttabile. Così, il film di Komasa, nella sua profondità, riflette una certa ipocrisia anche da parte dei fedeli. La figura cristologica in cui Daniel si trasforma è un’accusa contro la rigida religiosità che caratterizza la forma esteriore del paese. E la sua tragedia si mostra beffardamente quando decide di mettersi, letteralmente, a nudo. Durante un sermone mostra a tutti i fedeli il torso, coperto di tatuaggi. Con le braccia spalancate, rievoca la figura del Cristo sulla Croce. Come se fosse trapassato dallo stesso dramma. Allora, una donna si alza in piedi, mani sul viso a trattenere lo sgomento, pronunciando la sua dolce condanna: “Che Dio ti benedica!”.

Qui potete vedere il trailer di Corpus Christi:

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