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Il traditore | Pierfrancesco Favino, Tommaso Buscetta e quel processo contro la mafia

Marco Bellocchio, la famigerata guerra degli anni Ottanta e il rapporto con Giovanni Falcone

il traditore
Pierfrancsco Favino in una scena de Il traditore.

MILANO – Sono trascorsi ormai più di trentuno anni da quel 23 maggio 1992, giorno dell’attentato in cui perse la vita Giovanni Falcone in un evento storico che ha segnato l’Italia e che purtroppo conosciamo bene, una storia fatta di un’estenuante lotta contro la criminalità organizzata e un Maxi-Processo contro i suoi vertici che fu uno dei più grandi attacchi alla mafia mai compiuti da parte dello Stato. Quel processo fu possibile grazie alle dichiarazioni e alle confessioni di un uomo che tradì le cosche per avere salva la vita: Tommaso Buscetta, detto anche Il boss dei due mondi o Don Masino. Un uomo che fu anche un enigma (è morto il 2 aprile del 2000) che Marco Bellocchio ha provato a ricostruire nelle vicende de Il traditore, mettendo al centro una grande interpretazione di Pierfrancesco Favino. Un film civile di denuncia sociale, per ricordare il dietro le quinte di quei tragici anni, ma non solo.

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Pierfrancesco Favino è Tommaso Buscetta ne Il traditore

Ma chi era Tommaso Buscetta? Nato a Palermo nel 1928, da adolescente iniziò una serie di attività illegali nel mercato nero e nel 1945 era già affiliato di Cosa Nostra. Negli anni Sessanta si schiera dalla parte di Greco nella prima guerra di mafia e viene poi coinvolto anche nelle vicende legate al rapimento di Aldo Moro. Ma è negli anni Ottanta che il suo nome entra nella storia della mafia, quando si sta per scatenare una seconda guerra, questa volta fra Totò Riina e i Corleonesi. La questione è il controllo del traffico di droga dagli Stati Uniti. Buscetta sa che il pericolo è imminente, percepisce la tensione crescente tra le vecchie famiglie e decide di emigrare in Brasile. Braccato anche lì, viene arrestato dalla polizia brasiliana e poi estradato.

Marco Bellocchio sul set con Pierfrancesco Favino.

Tornare in Italia significava morte certa, e lui ne era consapevole. Fu proprio Giovanni Falcone (nel film interpretato da un grande Fausto Russo Alesi, appena visto a Cannes con Rapito) ad offrirgli l’alternativa che gli avrebbe permesso di sfuggire a coloro che gli stavano dando la caccia. Fu così che Buscetta divenne collaboratore di giustizia (o meglio, traditore, per il codice della mafia) e Falcone assistette alle sue deposizioni. Buscetta parlò con il magistrato per quarantacinque giorni, al termine dei quali scattarono 366 mandati di cattura. Del Maxi-Processo, iniziato il 10 febbraio del 1986, furono in tutto 475 gli imputati portati sul banco d’accusa grazie ai nomi che aveva fatto l’uomo. Finito anche il processo, il colpo alla mafia fu imponente e le cosche si trovarono ormai decimate.

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Una scena de Il traditore

Dopo la strage di Capaci, Buscetta iniziò poi anche a fare nomi di politici di spicco. Uno su tutti? Giulio Andreotti. Seguiranno altri processi in cui farà da testimone mentre il suo nome è ormai conosciuto da tutti. L’unico processo che non porterà mai a termine sarà proprio quello contro Andreotti, quando verrà screditato da una feroce campagna mediatica. A quel punto Tommaso Buscetta decide di lasciare definitivamente l’Italia, trasferendosi negli Stati Uniti. Vivrà sempre con la paura che Cosa Nostra possa raggiungerlo e pareggiare i conti. Morirà, invece, a Miami per malattia nel 2000. Da boss mafioso a pentito, ancora oggi è ricordato come l’uomo che diede inizio alla fine (di una stagione) della mafia siciliana.

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Qui potete vedere il trailer de Il traditore:

 

 

 

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