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Goran Bregovic: «Io, un nuovo disco, il ricordo di Arizona Dream e Sanremo in TV…»

Il nuovo disco, il ricordo di Iggy Pop, le colonne sonore: faccia a faccia con il compositore

Goran Bregovic
Tra Sarajevo e il mondo: Goran Bregovic.

MILANO – Una vita come un viaggio, da Sarajevo al mondo, dalla prima band in Jugoslavia all’amicizia con Emir Kusturica e poi il cinema – quasi per caso – e i lunghi tour in giro per il pianeta. Adesso Goran Bregović ritorna con un nuovo disco, The Belly Button Of The World, appena pubblicato, e con un nuovo tour che lo riporterà in Italia con la sua Wedding and Funeral Band per cinque date (14 luglio a Milano, il 20 a Varese, il 6 agosto ad Assisi, 8 agosto a Majano e 11 a Melpignano). «Sono sempre contento di ritornare in Italia», ricorda al telefono da casa sua a Sarajevo, «Ho un legame unico con il vostro Paese». Settantatré anni e almeno quattro vite, Bregović si è sempre mosso liberamente tra i generi, passando dalla musica etnica alla classica, dal pop alle colonne sonore, sempre ignorando qualsiasi tipo di confine.

IL NUOVO DISCO – «Da dove nasce The Belly Button Of The World? La spiegazione è semplice: da una commissione, come accadeva spesso agli artisti un tempo. In questo caso dalla commissione della Basilica di Saint Denis a Parigi. Cinque brani registrati durante la pandemia, scritti per tre violini solisti, orchestra, sestetto di voci maschili e la Wedding and Funeral Band. Perché tre violini? Quello classico, quello kletzmer e quello arabo, che richiedono tecniche di esecuzione molto diverse. Lo strumento è lo stesso ma ognuno lo esprime in modo diverso. Mirjana Nesković è serba, Gershon Leizerson è israeliano e Zied Zouari invece è tunisino. La commissione è una cosa che fa bene agli artisti, sa perché? Perché deve finire la partitura entro una data e devi consegnarla per forza (ride, nda). Non fosse stato per le commissioni oggi avremo molto meno Shakespeare da leggere e molto meno Mozart da ascoltare».

La copertina di The Belly Button of the World di Goran Bregovic

LE COLONNE SONORE – «Sono molti anni che non firmo una colonna sonora, è vero, da Baikonur di Veit Helmer, credo (era il 2011, nda). Perché? Perché quando sei giovane pensi di provare tante cose, fai tante cose, continui a provare e sperimentare. Ad un certo punto però capisci che la vita è breve, così se hai il tempo riesci a lavorare su una cosa, ma non su due contemporaneamente. Penso a Ennio Morricone che in settant’anni di carriera credo abbia composto 400 colonne sonore, ma oggi cosa resta? Solo un terzo di quei dischi probabilmente meritava davvero il tempo di un genio. Comporre per un film è complicato perché non è la tua visione, ma quella del regista. Io vengo da un altro mondo, dai Bijelo Dugme (la sua band, nda) e ho avuto la fortuna di fare il compositore di colonne sonore per un periodo della mia carriera. Forse accadrà di nuovo, qualche progetto c’è. (Johnny Depp lo vorrebbe per lo score del suo secondo film da regista, Modigliani, con Riccardo Scamarcio e Al Pacino, nda)».

Goran Bregovic
Etnica, classica, pop, colonne sonore: Goran Bregovic

ARIZONA DREAM – «Quest’anno cadono i trent’anni dall’uscita di Arizona Dream di Emir, sì, lo presentammo alla Berlinale, se non ricordo male. Quel disco sorprese anche me e so che poi negli anni seguenti ha influenzato molti artisti. La world music allora c’era, ma non era così forte, non c’era molto interesse verso la scena della musica etnica. Ricordo che incontrai Iggy Pop e ci capimmo subito, parlammo di musica e generi. In lui ho visto lo stesso talento che dai noi in Jugoslavia avevano i cantanti dei matrimoni. Poi in studio registrammo tre canzoni: In The Deathcar, This Is A Film (qui) e TV Screen. Fu forse la prima volta che vidi come una piccola cultura poteva avere una grande influenza sulle altre. Fu un miracolo, ma fu anche il disco che cambiò la mia vita perché per la prima volta la mia musica andò in classifica in dieci Paesi europei ottenendo molti dischi d’oro. Non era scontato, anche perché nonostante il film avesse nel cast Johnny Depp, Jerry Lewis e Faye Dunaway non era certo un film commerciale, anzi».

Goran Bregovic
La copertina della colonna sonora di Arizona Dream. Era il 1993.

LA MIA CARRIERA – «Se mi aspettavo tutto questo? Ma no, certo che no (ride, nda). Deve pensare che io vengo da una cultura invisibile, come potevo solo immaginare che un giorno avrei suonato a Roma, Firenze, Milano, a Revjakivik oppure alla Carnegie Hall o, ancora, alla Sydney Opera House? Non c’era nemmeno un termine di riferimento, non avevo artisti jugoslavi che ci erano riusciti quindi non era possibile. Da bambino a Sarajevo guardavamo in televisione il vostro festival di Sanremo ed era come vedere un mondo magico, ma lontano, lontanissimo, quasi in una dimensione da favola. E allora non puoi certo immaginare che un giorno in un futuro lontano riuscirai ad avere pubblico in ogni angolo del mondo…».

  • SOUNDTRACK | Le colonne sonore secondo Hot Corn
  • AUDIO | Qui il primo singolo di Goran Bregovic, A Moment Of Melancholy

 

 

 

 

 

 

 

 

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