ROMA – Quest’anno tra i candidati agli Oscar per il miglior film d’animazione, tra Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki (a cui è andata infine la statuetta) e Spider-Man: Across the Spider-Verse, c’era l’outsider spagnolo Il mio amico robot (Robot Dreams in v.o.) di Pablo Berger. Una rocambolesca storia d’amicizia tra un cane solitario e un robot in una New York anni Ottanta, un racconto che da Cannes 76 alla notte degli Oscar, ha sfiorato un riconoscimento che – nonostante gli sfidanti – avrebbe meritato. Ma per Berger, il regista del film, essere arrivato così in alto con una storia di questo tipo è già una grande vittoria.

Il mio amico robot è la storia di DOG, che vive a New York ed è stanco di sentirsi solo. Una sera decide di acquistare ROBOT da una televendita illuminante. La loro amicizia (se non qualcosa di più nda) cresce giorno dopo giorno, ma quando una gita al mare lascia ROBOT arrugginito e immobilizzato sulla spiaggia, il cane deve purtroppo tornare alla sua vita precedente da solo. Si incontreranno mai di nuovo? Tratto dall’omonimo fumetto di Sara Varon, il film dipinge lo skyline di una Manhattan dolce e allegra. Una New York inedita accoglie i nostri particolari protagonisti, avvolto dalle sonorità funk di September degli Earth, Wind and Fire, un po’ il tema del film.

Berger racconta la solitudine, l’amicizia e l’accettarsi in una maniera semplice quanto delicata, giocando con l’onirico e l’avventura, ma omaggiando anche il cinema muto: Il mio amico robot ha così un occhio di riguardo per il pubblico più adulto, ma anche per il pubblico dei bambini. L’animazione dello studio Arcadia contribuisce a deliziare lo spettatore con una linea pulita e chiara, che dona agli animali antropomorfi abitanti di New York una caratterizzazione unica dove tutto passa dalle loro espressioni e gesti come nella migliore slapstick comedy.

Non c’è, infatti, alcuna linea di dialogo in Il mio amico robot, infatti, e andando avanti nella visione ci si accorge però di quanto non fosse necessaria nessuna parola, perché le emozioni di DOG e ROBOT parlano da sé. Il film di Berger non racconta semplicemente un’amicizia, ma le sfumature di vite intere che si intrecciano in questi rapporti: dalla spensieratezza allo sconforto, mantenendo sempre alto l’ottimismo, simbolo di crescita e maturità. Il mio amico robot, una deliziosa favola matura che tra le avenue di una coloratissima Grande Mela, nasconde una commozione unica e un gioiello di film.
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