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Giuliano Montaldo | La vita, la guerra e la grande lezione storica del suo cinema

Non solo Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno: un autore completo da scoprire oggi per capire il domani

Tutto quello che vuoi
Giuliano Montaldo sul set di Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni.

ROMA – Oltre settant’anni di cinema per Giuliano Montaldo. Un percorso artistico irripetibile dietro-e-davanti la macchina da presa a cui basterebbero le sole opere d’impegno civile – leggi Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno – per parlare di lui come di un autore essenziale per il nostro cinema, ma c’è molto più di questo. Nacque a Genova Montaldo, nel 1930, dove fu spettatore attivo della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza partigiana con la sua militanza nelle GAP – Gruppi d’Azione Partigiana, per poi avvicinarsi all’arte come attore e regista di una compagnia di filodrammatica. Non a caso esordì nel cinema che conta nel 1951 con Achtung Banditi! di Carlo Lizzani, nei panni di un commissario partigiano genovese.

Tiro al piccione, l'esordio alla regia di Giuliano Montaldo
Tiro al piccione, l’esordio alla regia di Giuliano Montaldo

Poi l’approdo a Roma dove Montaldo si dividerà poi nel triplo ruolo di attore, sceneggiatore e aiuto regista tra Gli Sbandati di Francesco Maselli, Esterina e Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani, Terza Liceo di Luciano Emmer, Orazi e Curiazi di Ferdinando Baldi e Terence Young, L’assassino di Elio Petri, poco prima del sodalizio con un altro maestro come Gillo Pontecorvo tra La lunga strada azzurra, Kapò e La battaglia di Algeri. Nel 1961 l’esordio alla regia: il film è Tiro al piccione, tratto dall’omonimo romanzo di Giose Rimanelli su di un giovane italiano che nel 1943 decise di arruolarsi nella Repubblica Sociale di Salò. Presentato a Venezia, la critica dell’epoca ci andò pesantissima, pur ottenendo un buon successo di pubblico.

Una bella grinta, la seconda regia di Montaldo, con un grande Renato Salvatori
Una bella grinta, la seconda regia di Montaldo, con un grande Renato Salvatori

Quattro anni dopo per Montaldo fu la volta della seconda regia, Una bella grinta, un ritratto dell’Italia del boom economico che lo vide vincitore del premio speciale della giuria alla Berlinale. Il film è prezioso anche in termini umani. Su questo set conobbe l’attrice Vera Pescarolo, che sarà la sua compagnia per tutta la vita. In questo periodo, sotto il falso nome di Elio Montesti, prese parte al documentario Nudi per vivere assieme a Elio Petri e Giulio Questi. Poi arrivò l’America per Montaldo dove tra il 1967 e il 1969 diresse le opere su commissione Ad ogni costo e Gli Intoccabili dove collaborò assieme ad interpreti come Klaus Kinski, Edward G. Robinson, Janet Leigh, Peter Falk e John Cassavetes.

Riccardo Cucciolla e Gian Maria Volonté in una scena di Sacco e Vanzetti, la pellicola della svolta per Montaldo
Riccardo Cucciolla e Gian Maria Volonté in Sacco e Vanzetti, la pellicola della svolta per Montaldo

Di ritorno in Italia, ecco i film memorabili di Montaldo. E quindi Gott mit uns: Dio è con noi ispirato alla fucilazione dei marinai Bruno Dorfer e Rainer Beck (grande colonna sonora di Morricone), che qui furono ribattezzati Bruno Grauber e Rainer Schultze (Larry Aubrey-Franco Nero) per ragioni sceniche, ma soprattutto il dittico Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno, a cavallo tra il 1971 e il 1973, reso leggendario da un Gian Maria Volonté straripante, intenso, straordinario su tutta la linea («Posso dirvi che vedendo Volonté capirete cosa vuol dire il mestiere dell’attore» disse Montaldo al riguardo). Non ultimo L’Agnese va a Morire del 1976 con una grande Ingrid Thulin sulla presa di coscienza civile e antifascista della Resistenza.

Giordano Bruno, Gian Maria Volonté all'ennesima potenza
Giordano Bruno, Gian Maria Volonté all’ennesima potenza

Ma soprattutto Il Giocattolo, del 1979, con un Nino Manfredi memorabile, incentrato sull’insicurezza del cittadino medio italiano nel periodo di recrudescenza terroristica. Gli anni Ottanta di Montaldo partirono fortissimo con la miniserie televisiva in otto puntate Marco Polo con Ken Marshall nel ruolo da protagonista e un cast formato, tra gli altri, da Leonard Nimoy, F. Murray Abraham, Ian McShane, John Houseman, David Warner, Anne Bancroft, Burt Lancaster, Mario Adorf, Denholm Elliott, John Gielgud e Tony Vogel, a cui seguirono le pellicole d’impegno civile e sensibilizzazione Gli occhiali d’oro e Tempo di uccidere. Esclusi i documentari degli anni Novanta (Ci sarà una volta, Le stagioni dell’aquila), ci vorranno vent’anni per rivedere Montaldo alla regia di un lungometraggio.

Carolina Crescentini e Pierfrancesco Favino in una scena de L'industriale, l'ultima volta da regista di Montaldo
Carolina Crescentini e Pierfrancesco Favino in una scena de L’industriale, l’ultima regia di Montaldo

Il 2008 sarà la volta de I demoni di San Pietroburgo sulla genesi creativa de Il giocatore di Dostoevskij (Miki Manojlović), seguito da L’industriale, con Pierfrancesco Favino, la sua ultima volta da regista. In quel doppio decennio Montaldo arricchirà la sua filmografia anche come (ottimo) attore tra Il lungo silenzio di Margarethe von Trotta, Il caimano di Nanni Moretti, L’abbiamo fatta grossa di Carlo Verdone, Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni (che gli varrà, nel 2018, il Globo d’Oro al Miglior attore non protagonista) e Un’Ora Sola, cortometraggio di Serena Corvaglia. Con la sua scomparsa oggi, a 93 anni, se ne va un artista imprescindibile, unico, insofferente all’intolleranza. Un partigiano, difensore della storia e delle sue preziose lezioni, da (ri)scoprire oggi per provare a capire meglio il domani.

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Qui sotto potete vedere una featurette a tema Montaldo: 

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