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From Ground Zero | Gaza, Michael Moore e 22 storie per non perdere la speranza

Un progetto ideato da Rashid Masharawi per raccontare il genocidio. Ma com’è? Bellissimo

From Ground Zero
Una scena di uno dei 22 racconti di From Ground Zero.

ROMA – Il momento chiave, forse addirittura definitivo di From Ground Zero, ambizioso progetto passato a Toronto e ora distribuito in Italia da Revolver, ideato dal cineasta palestinese Rashid Masharawi, che raccoglie 22 cortometraggi realizzati da alcuni registi di Gaza, ha a che fare con un ciak cinematografico, che da strumento professionale per girare un nuovo film, diviene improvvisamente bene di prima necessità e salvezza. Legna prima di tutto, che anima il fuoco e permette ai sopravvissuti di alimentarsi. Noi – e loro – ci chiediamo, guardando queste immagini: «Se c’è un luogo nel quale i sogni muoiono davvero, questo luogo è Gaza». Restando dunque sul concetto di salvezza e dimenticando per un istante il cinema, che per alcuni è sogno, mentre per altri una professione, prima di continuare è bene tornare ancora una volta al fuoco.

From Ground Zero
Una scena di uno dei 22 corti che compongono From Ground Zero.

Nel 2007 Cormac McCarthy ha scritto qualcosa di incredibilmente interessante: «Ce la caveremo, vero, papà? Sì. Ce la caveremo. E non ci succederà niente di male. Esatto. Perché noi portiamo il fuoco. Sì. Perché noi portiamo il fuoco». Il mondo del suo libro, La Strada, poi diventato cinema in The Road con Viggo Mortensen, non era altro che cenere, solitudine, disperazione e morte. Ciò che però sopravviveva, era la famiglia e l’amore che era capace di generare, nonostante l’abbandono, nonostante l’eco – e si intitola così uno dei 22 cortometraggi del progetto, Echo di Moustafa Koulab – della violenza e il sussurro macabro di colei che miete vite, oltre lo sguardo. Se il cinema collettivo rappresenta da sempre la possibilità di affidare una precisa e simbolica istantanea di un luogo, fatto, individuo o fenomeno, ad una pluralità di voci e sguardi, capaci di raccontarla, plasmarla e trasfigurarla, per poi restituirla allo spettatore, allora From Ground Zero ne è l’esempio più al classico e al tempo stesso più rivoluzionario.

From Ground Zero

Tanto rispetto alla sua disperata ed encomiabile volontà di racconto, quanto all’idea che tutto possa essere raccontato – perfino la morte e la violenza cieca – senza ricorrere forzatamente alla pornografia del dolore. Il progetto di Rashid Masharawi potrebbe insegnare molto alla nuova generazione d’autori, sulla sensibilità di sguardo e racconto. Passando per Sorry Cinema di Ahmed Hassouna – prima si correva per le strade girando lungometraggi, ora lo si fa per sopravvivere alle bombe israeliane e ai palazzi che crollano come fossero tessere del domino – Everything is fine di Nidal Damo, Hell’s Heaven di Karim Satoum e molti altri, From Ground Zero affonda i denti sulla sofferenza degli uomini, qui vittime innocenti di un genocidio senza nome, per il quale nessuno mai pagherà, o almeno, non abbastanza, fotografando però la luce e il fuoco. Che non ha a che fare con le macerie, bensì con l’umanità e l’arte.

From Ground Zero
Nei 22 corti, anche un racconto per immagini disegnate.

Non si sono ancora spente quelle fiamme e sopravvivono instancabilmente nel dolore e nel caos della polvere che si alza sempre più e delle grida, poiché le lacrime, così come la vita che è stata, a Gaza non scorrono più. Ciò che scorre invece è il sangue, accuratamente tagliato fuori dallo sguardo dei 22 autori selezionati, ancorati alla sopravvivenza e al desiderio di gridare al mondo la propria voce, ricordando a noi e forse perfino a loro stessi: «Siamo qui, questo sta accadendo e il mondo resta a guardare». Eppure il cinema, agendo da megafono e strumento di salvezza, per quanto remoto ormai, oltreché fatto a pezzi – il ciak che diviene legna, usata per alimentare la fiamma della cucina familiare e morale -, assume il ruolo di amplificatore della verità, trasmettendo il messaggio sempre più, senza mai arrendersi.

Un’altra scena di From Ground Zero.

Rashid Masharawi, supportato da Michael Moore nelle vesti di produttore esecutivo, ma anche di ambasciatore del film negli Stati Uniti e in Canada, in From Ground Zero dà vita ad un modello di cinema sociale e politico senza precedenti, entrando doverosamente nella shortlist dei candidati agli Oscar. Sono molte le sue anime. Dal cinema verità, a quello di finzione, fino allo spettacolo di marionette – che grande inquadratura quella dei bambini, che nell’ultimissimo cortometraggio reggono i fili, tanto della vita, quanto dell’intrattenimento e della speranza -, che dimostra ancora e per sempre, quanto la guerra sia capace di distruggere e radere al suolo ogni cosa, eccetto che l’umanità e l’amore di chi resta. From Ground Zero è cinema allo stato puro, che in quanto tale, resiste alle macerie e alla morte della Striscia di Gaza, prendendo vita davanti ai nostri occhi, ora e per sempre.

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  • VIDEO | Qui il trailer di From Ground Zero:

 

 

 

 

 

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