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Felice Laudadio: «Bari e il mio Bif&st, tra Leos Carax, Carlos Saura e la critica…»

I film, gli ospiti, quel ricordo di Antonioni: una bella conversazione con il direttore del Bif&st

Felice Laudadio durante una delle serate del Bif&st.

BARI – Proiezioni, conferenze, incontri, lezioni di cinema, laboratori e mostre. Quattro teatri, Petruzzelli, Piccinni, Kursaal e Margherita, otto giorni di svolgimento, decine di ospiti, migliaia di biglietti staccati e un successo evidente: Felice Laudadio, ideatore e direttore del Bari International Film Festival, fa un bilancio della dodicesima edizione appena conclusa e con Hot Corn riflette anche sulla rilevanza dei festival, ma anche sul peso della critica, sugli ospiti arrivati a Bari e su quel vecchio film del 1996 con due maestri sul set e lui come produttore associato: «E come dimenticare quei giorni trascorsi con Wim Wenders e Michelangelo Antonioni per Al di là delle nuvole.

Felice Laudadio il primo giorno del Bif&st.

LA MOTIVAZIONE – «Partiamo dall’inizio: dove trovo la motivazione per fare un festival oggi? Per me è facile rispondere: il pubblico. L’impegno mio e della squadra del Bif&st trova la motivazione proprio lì, nelle persone che vengono al festival, che fanno la fila e si siedono davanti a noi. Negli ultimi anni c’è stata una diserzione delle sale, le piattaforme stanno influenzando la frequentazione dei cinema e io sono convinto, rimango convinto, che i festival possano e debbano diventare un’occasione unica per riportare il pubblico al cinema. Ed è questa l’unica ragione d’essere dei festival: non abbiamo quasi più cineclub, cineforum, sale d’essai, quindi rassegne come queste hanno ancora più importanza oggi. Non dobbiamo dimenticarlo…».

Laudadio con Gianfranco Rosi e Enrico Magrelli.

I NUMERI – «Abbiamo dovuto raddoppiare molti eventi qui a Bari per l’affluenza del pubblico e credo sia un bel segnale di ritorno alla normalità. Nonostante le rigorose misure sanitarie e le complesse procedure di tracciamento imposte dalla pandemia, che hanno limitato la capienza dei teatri – per l’ultima volta, mi auguro – il pubblico ha seguito con passione tutti gli eventi del Bif&st. I festival sono cambiati molti negli ultimi quarant’anni: ho diretto la Mostra di Venezia nel 1997 e nel 1998 e, faccio un esempio, il red carpet non era una passerella mondana su cui passavano sconosciute con abiti firmati. Era un luogo per la gente di cinema e per chi andava in sala a vedere il film. Non voglio fare polemica, ma è evidente che le cose sono molto cambiate».

Carlos Saura a bari con Vittorio Storaro sullo sfondo.

GLI OSPITI – «Carlos Saura rientra nella grande storia del cinema europeo, ha accettato l’invito molto volentieri, ed è venuto con i figli Antonio Saura, oggi produttore, e la figlia Anna. Confesso che più complicato è stato invece convincere un autore come Leos Carax, perché aveva chiesto un incontro con il pubblico alla fine del suo film, Annette, ma non era possibile, quindi lo abbiamo spostato al mattino successivo. Lino Banfi? L’ho voluto perché è uscito un libro di Alfredo Baldi, Le molte vite di Lino Banfi, e mi sembrava il momento giusto, celebrandolo con un film diretto da Dino Risi come Il commissario Lo Gatto».

Laudadio con Leos Carax a Bari.

LA CRITICA – «Con il mutare dei festival, anche la critica è cambiata, senza dubbio: una volta aveva un peso specifico molto diverso. C’è anche stato un abuso di potere da parte dei critici, ricordo Federico Fellini che venne massacrato a Venezia per Lo sceicco bianco, additato come fotoromanzo, e ricordo però anche come, con coraggio e eleganza, un giornalista come Callisto Cosulich riportava sue recensioni invecchiate molto male (ride, nda). Anche Scola venne trattato male: il suo Brutti, sporchi e cattivi venne addirittura bollato come “fascista” da Goffredo Fofi e La terrazza al tempo dell’uscita fu demolito. Rivisto oggi è un capolavoro…».

Due dei molti ospiti del Bif&st: Sergio Castellitto e Matilda De Angelis.

UN RICORDO – «Sì, sono passati venticinque anni dall’uscita di Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni e Wim Wenders, di cui io fui produttore associato. Conoscevo bene Michelangelo e Enrica (la moglie, nda) e sapevo che lui sarebbe stato in grado di fare quel film. Ho combattuto a lungo per per condurlo in porto e riuscii a convincere Cecchi Gori. Conoscevo bene Vittorio, meno Mario, così lo chiamai e mi disse di mandargli un fax con il cast. Passarono poche ore e quando lesse i nomi – c’erano John Malkovich, Jean Reno, Fanny Ardant e Mastroianni, solo per dirne alcuni – mi richiamò. Il film era salvo. Che dire? Ricordo Michelangelo che girava e Wim che faceva il fotografo di scena con una serie di scatti divenuti poi un libro (My time with Antonioni, qui, nda).

Wim Wenders e Michelangelo Antonioni sul set. Era il 1995.

Quello che non molti sanno è che dopo Al di là delle nuvole c’era già un altro film di Michelangelo già scritto, solo da girare. Si chiamava Destinazione Verna. C’era anche il cast:  Sophia Loren, Anthony Hopkins e Naomi Campbell. Michelangelo era eccezionale: anche se non parlava, disegnava i set con una cura estrema e il direttore della fotografia metteva anche tre macchine da presa sul set. Chissà che film sarebbe stato…».

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