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Da Everest a Downsizing: che fine hanno fatto? | I film visti a Venezia e poi spariti nel nulla

Al Lido abbiamo visto tante pellicole finite, poi, nel dimenticatoio. Ecco alcuni, eclatanti casi

Ma che fine hanno fatto? I film di Venezia che hanno fatto perdere le loro tracce...

ROMA – Ormai manca poco alla Mostra del Cinema di Venezia 2020. Un’edizione, la numero 77, che quest’anno farà del festival di cinema più antico del mondo il primo grande evento cinematografico a ripartire dopo mesi di lockdown e di rinuncia forzata all’esperienza del cinema in sala. Negli ultimi anni Venezia ha consolidato uno spazio di rilievo e una posizione di tutto rispetto nello scacchiere dei grandi festival autunnali, riuscendo anche a giocare d’anticipo sugli Oscar ospitando titoli hollywoodiani come La forma dell’acqua, La La Land e Joker. Ci sono però anche film – accade dopotutto con i festival di ogni ordine e grado – che una volta esaurita l’esperienza in laguna hanno faticato a ritagliarsi attenzioni, stagliarsi nell’immaginario e, insomma, a resistere nel tempo. Ecco dieci casi, relativamente recenti, di questo tipo.

THE BURNING PLAIN (Guillermo Arriaga, 2008) – Lo sceneggiatore messicano Guillermo Arriaga, mente filosofica dietro il cinema del pluripremiato connazionale Alejandro González Iñárritu, dodici anni fa provò il grande salto dietro la macchina da presa tentando di applicare in solitaria gli ingredienti di Babel e 21 grammi, tra particolari incastri narrativi e temporali e un forte senso del dramma a effetto. Questo film in Concorso a Venezia 65, con Charlize Theron nei panni di una chef dalla vita sessuale promiscua e affetta da autolesionismo patologico, si risolse però in una sorta di auto-parodia senza bussola morale, posticcia e involuta. All’epoca fu un flop e oggi è (giustamente) poco ricordato, anche se a Venezia una semi-esordiente Jennifer Lawrence si portò a casa la Coppa Mastroianni per la giovane attrice più promettente. Oggi lo trovate in streaming qui.

The Burning Plain, presentato a Venezia nel 2008
The Burning Plain, presentato a Venezia nel 2008

PROMISES WRITTEN IN WATER (Vincent Gallo, 2010) – Il ragazzo terribile del cinema indipendente americano Vincent Gallo, già regista degli interlocutori e discutibili Buffalo ’66 e The Brown Bunny (il film che lo vide protagonista di una litigata epocale col grande critico Roger Ebert) portò in Concorso a Venezia questo pretenzioso studio di un corpo femminile ammalato di cancro, in bianco e nero e della durata di soli 75 minuti, attirandosi fischi e improperi per la provocazione a detta di molti decisamente mal riposta e di cattivo gusto (con dialoghi tesi ad azzerarsi e ripartire per sfidare apertamente la pazienza dello spettatore). Dieci anni dopo, è praticamente introvabile.

Promises Writter in Water, uno dei dimenticati da Venezia
Promises Writter in Water, uno dei dimenticati da Venezia

L’ULTIMO TERRESTRE (Gian Alfonso Pacinotti, 2011) – Nove anni fa esordiva alla regia uno dei più grandi fumettisti italiani, Gipi, adattando l’opera di un collega, la graphic novel Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti. Protagonista un uomo solitario e misogino interpretato da un attore sconosciuto ma dal volto decisamente spigoloso e peculiare, Gabriele Spinelli. Due aggettivi che in fondo vanno bene anche per il film in sé: troppo sghembo, stralunato e fragile, probabilmente, per non uscire con le ossa mezze rotte da una cornice spesso caricata di enormi attese come il Concorso di Venezia. L’accoglienza non fu granché e il Gipi regista, nonostante l’esordio con la Fandango (e la regia firmata col suo nome di battesimo) finì un po’ per bruciarsi, prediligendo in seguito film più ombelicali e meno istituzionali come Smettere di fumare fumando e Il ragazzo più felice del mondo. Se volete recuperarlo, ora è qui su CHILI.

L'Ultimo Terrestre, passato a Venezia
L’Ultimo Terrestre, passato a Venezia nel 2011

EVEREST (Baltasar Kormákur, 2015) – Molte delle aperture di Venezia negli ultimi anni, sotto la direzione bis di Alberto Barbera, sono state dei grandi successi, da Gravity a La La Land passando per Birdman. Sul fronte delle scelte hollywodiane per inaugurare la Mostra, però, la meno felice è stata quella di Everest: storia di un gruppo di scalatori amatoriali alle prese con una tempesta perfetta, cast nutrito (Jason Clarke, Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, Keira Knightley) buono per il tappeto rosso, ma a conti fatti poco più di un film di genere straight-to-video, un climbing movie il cui ricordo è reso oggi ancora più pallido dalla visione del notevole documentario Free Solo di due anni fa. Una di quelle aperture esclusivamente all star che di solito in festival maggiori ci si gioca solo in assenza di meglio.

Everest, altro scomparso da Venezia
Everest, altro scomparso da Venezia

TI GUARDO (Lorenzo Vigas, 2015) – Particolarissimo il caso di Ti guardo di Lorenzo Vigas: curiosamente c’entra ancora Guillermo Arriaga, autore insieme al regista del soggetto di quest’opera prima che racconta dell’insorgere di un’inaspettata forma di vicinanza e intimità tra un uomo attempato (Alfredo Castro, attore-totem del cinema cileno contemporaneo) e un teppista molto più giovane di lui. Un melodramma calato nei bassifondi del Venezuela (paese natale di Vigas), riscattato da rigorosi e perfino ascetici slanci di poesia sullo sfondo di un degrado a fior di lacrima. E premiato da Alfonso Cuarón con un Leone d’Oro sicuramente generoso, accusato di eccessiva partigianeria latina. Rimane, ad ogni modo, uno dei Leoni più misteriosi e a sorpresa di tutta la storia del festival: il film oggi si ricorda a fatica (anche col titolo originale, Desde allà) e il regista non ha ancora girato l’opera seconda, rimanendo un carneade. Lo trovate in streaming.

Ti Guardo
Ti Guardo

L’ATTESA (Piero Messina, 2015) – L’attesa, esordio di Piero Messina in Concorso a Venezia ancora nel 2015, aveva premesse molto glamour e invitanti, da un regista di cui si diceva un gran bene, già assistente di Paolo Sorrentino, a una star internazionale come Juliette Binoche. Tutte o quasi smentite, però, alla prova dei fatti, con una vicenda di rara impalpabilità ambientata in Sicilia e ispirata alla lontana a La vita che ti diedi di Luigi Pirandello, tra lutti, manierismo profuso a pieni pani e una vena contemplativa con tante pretese ma poco o nulla da dire (oltre a una narrazione con un taglio da “corto allungato”, incapace di scalfire i tanti misteri dell’immaginario siciliano e limitandosi a sussurrarli da dietro a un velo). La stampa si accanì perfino troppo e si sa che a Venezia il tiro a segno contro i film italiani, specie se deboli, riesce particolarmente facile. Messina a oggi ha diretto di recente 3 episodi di Suburra dopo vari progetti minori, e non ha ancora realizzato il suo secondo film. Anche L’attesa ora è in streaming.

L'Attesa
L’Attesa

LA LUCE SUGLI OCEANI (Derek Cianfrance, 2016) – In Concorso a Venezia quattro anni fa c’era Derek Cianfrance, regista di due film con Ryan Gosling a loro modo entrambi molto apprezzati come Blue Valentine (2010) e Come un tuono (2012). L’opera che presentò quell’anno, il melodramma La luce sugli oceani, si rivelò però una colossale delusione: il legame amoroso tormentato tra un reduce di guerra divenuto guardiano del faro su un’isola sperduta nell’Australia del 1918 e una ragazza rasentava lo scult per sciattezza nei dialoghi e faciloneria nella caratterizzazione psicologica dei personaggi. Se qualcuno oggi ricorda il film è solo perché proprio su questo set, pare nacque la storia d’amore tra i protagonisti Michael Fassbender e Alicia Vikander.

Vikander e Fassbender: La Luce sugli Oceani
Vikander e Fassbender: La Luce sugli Oceani

DOWNSIZING – VIVERE ALLA GRANDE (Alexander Payne, 2017) – Il rivedibile sottotitolo italiano di Downsizing allude a un processo di miniaturizzazione irreversibile, volto garantire un’esistenza più sostenibile alla popolazione mondiale. Un soggetto ambizioso che per l’ex nome di punta del cinema indipendente americano Alexander Payne, reduce dal più arthouse Nebraska (in bianco e nero e con un un indimenticabile Bruce Dern vecchio scorbutico) fu però un passo a vuoto, anche in chiave Academy: questo Truman show ecologista e tagliato con l’accetta fu snobbato dagli Oscar, non convinse quasi nessuno e tre anni dopo non pare aver lasciato alcuna traccia del suo passaggio.

Downsizing, film Venezia
Da Venezia all’oblio: Downsizing

ACUSADA (Gonzalo Tobal, 2018) – Uno dei titoli più incomprensibilmente inseriti in Concorso a Venezia negli ultimi anni è questo dramma giudiziario dell’argentino Gonzalo Tobal, con una protagonista una ragazza sospettata di un brutale crimine e alle prese col processo. La pessima recitazione e l’ancor più grezza scrittura non si schiodano mai, tuttavia, dal grado zero del procedural, e due anni dopo c’è ancora chi si chiede come mai sia stato inserito in Concorso (probabilmente nel tentativo di giocarsi uno slot all’insegna di un racconto popolare dai risvolti controversi: una tipologia di prodotto che ha sempre il suo pubblico, ma meno ai festival, dove va incontro spesso ai fucili spianati).

Acusada, l'abbaglio di Venezia
Acusada, l’abbaglio di Venezia

GUEST OF HONOUR (Atom Egoyan, 2019) – Quattro anni dopo Remember Atom Egoyan è tornato in Concorso con la storia di Jim (David Thewlis), un ispettore sanitario di ristoranti alle prese con la figlia, finita in prigione con l’accusa di aver abusato di uno studente. Non un film memorabile, che riusciva nell’impresa di complicarsi la vita sul piano narrativo stonando tempi e toni a partire da premesse assai quiete, ma la prova di Thewlis avrebbe sicuramente meritato miglior sorte anche solo per il modo in cui rende inscalfabile la superficie del suo personaggio, abituato a trincerarsi dietro la minuziosa scrupolosità del suo lavoro. La stampa e l’accoglienza furono però quantomai tiepide e il film si è dissolto in una bolla di sapone. Mai uscito.

Guest of Honour, uno dei titoli di punta di Venezia nel 2019
Guest of Honour, uno dei titoli di punta di Venezia nel 2019

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