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Elemental, l’evoluzione della Pixar e la necessità di quella favola moderna…

I contrasti, la società, quel ricordo e un flop clamoroso: perché dovreste vedere il film di Peter Sohn

Elemental
Wade e Ember, i due protagonisti di Elemental.

ROMA – Dopo il flop clamoroso di Lightyear – La vera storia di Buzz, fermatosi ad un incasso di soli 226 milioni di dollari, la Pixar ritorna e, dopo l’anteprima a Cannes, fa un altro flop con Elemental di Peter Sohn, peggior debutto di sempre sul mercato americano. Un peccato, perché è un cartoon che rapisce all’istante e ci porta vicino alle atmosfere di un classico come Inside Out (che nel 2015 volò a 860 milioni di dollari) con una qualità d’animazione superiore perfino agli standard Disney. Merito del regista, Peter Sohn (che è reduce da un altro bel film ma un altro parziale flop, Il viaggio di Arlo), che non ha dubbi sul potere del cinema: «Può cambiare il mondo? Il mio sì, l’ha cambiato». Ma cos’è Elemental? Una storia d’amore in cui fantasia e scenografia giocano con i colori, creando un universo che cattura l’attenzione dai primi secondi. C’è il fuoco, c’è l’acqua, la terra e l’aria, tutti i quattro elementi essenziali della vita che si mescolano.

Elemental
Wade e Ember in una scena del film.

La protagonista è Ember (doppiata da Valentina Romani), forte, tenace, furiosa e con tanta voglia di fare. Dolce sì, ma tanto irascibile. E poi c’è lui, Wade, (doppiato da Stefano De Martino), elemento costituito d’acqua e arrivato per caso nella vita della giovane ‘’donna di fuoco’’ (in seguito ad perdita dei condotti che trasportano il flusso d’acqua in città) non ha paura di mettersi in mostra ma lo fa con insicurezza, come quando fa la multa che metterà in difficoltà la famiglia di Ember. Due mondi paralleli e mai intersecabili, a prima vista. Ember in costante difficoltà, decidere se accettare il desiderio dei genitori, quindi ereditare il negozio di famiglia, o seguire i propri sogni scegliendo una nuova vita; Wade sicura di sé e difficilmente distaccabile dalle origini. Ed è qui che la tecnica di Sohn si mostra, partendo dalla semplice tagline che accompagna il suo nuovo lavoro: fuoco e acqua possono amarsi?

Elemental
Poli opposti e poco in comune: fuoco e acqua.

Uno studio che il regista porta avanti minuziosamente, rivoluzionando persino la prassi tecnologica a cui la Pixar ci aveva abituato negli ultimi vent’anni. Come lui stesso ha detto in conferenza stampa, se per un personaggio Pixar in media ci vogliono 5.000 punti di controllo, Ember, da sola ne ha 10.000. Tutti indispensabili per rappresentare al meglio l’effetto visivo che può dare il fuoco. Tra un lavoro minuto in campo animazione e una visione più tradizionalista, Elemental tocca universi cari a tutti noi. Un futuro che appare arduo scoprire, la ricerca dell’amore e le differenze tra le comunità che vivono a Element City. Se Ember è ai margini, arrivata da poco, Wade appartiene a quella borghesia che esiste da più tempo e che ha radici più solide. Insomma, a quella classica elite cresciuta nell’agio e che non ha certo problemi economici.

Elemental
I due protagonisti in un altro momento del cartoon.

Ed è in questa contrapposizione che Elemental funziona – consigliatissimo per le famiglie – perché non inventa nulla, ma anzi attinge proprio dalla storia personale del regista per raccontare un macro universo, quello di un ragazzo visionario e sognatore non compreso dai genitori emigrati negli Stati Uniti (e più precisamente nel Bronx) dalla Corea negli anni Settanta e restii ai mestieri artistici perché poco remunerativi. Sohn parte da questi elementi e, come in un cerchio, chiude con un tocco da fiaba a lieto fine, parte dal conflitto, per rivelarsi prima come storia d’amicizia, poi come una favola d’amore degna dei migliori cartoon Pixar. Non credete al flop: Elemental vale il prezzo del biglietto…

  • INTERVISTE | Peter Sohn racconta il film a Hot Corn
  • VIDEO | Qui una clip del film:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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