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Dunkirk | Christopher Nolan, l’operazione Dynamo e la storia vera dietro il film

La Seconda Guerra Mondiale, l’esercito britannico e la Francia: ecco cosa successe a Dunkerque

Dunkirk
Dunkirk

ROMA – Tre linee narrative su tre archi temporali differenti: acqua, cielo e terra. Una settimana, un giorno, un’ora, che confluiscono poi nell’ultima, memorabile, inquadratura. Come se gli eventi fossero una palla di neve: rotolando, acquistano forza e velocità. E pensare che per il suo Dunkirk, Christopher Nolan, inizialmente non voleva nemmeno la sceneggiatura (infatti è lunga solo 76 pagine). Tutto doveva muoversi in base all’azione, studiata nei minimi dettagli, tanto da seguire formule matematiche, pur mantenendo un assetto cinematografico che superasse il documentario e facesse leva emotiva sui fatti avvenuti a Dunkerque, nel nord della Francia. Infatti, per la sceneggiatura, Nolan, si rifece ai fatti reali, ma si ispirò solo in modo vago ai personaggi e alle testimonianze di quelle terribili giornate di fine maggio.

Christopher Nolan
Sul set con Christopher Nolan

Ma cosa successe davvero sulle cose francesi? È il 1940, l’esercito di Hitler è al massimo della sua potenza. I britannici e i francesi, sull’Asse degli Alleati, sono circondati sulla costa. Non si può avanzare, né indietreggiare. La Francia, avanzando, aveva lasciato indifesa Parigi, mentre l’invincibile marina del Regno Unito difendeva l’avanzata tedesca verso il Canale della Manica. Gli inglesi non potevano abbandonare i francesi, così tra il 21 e il 22 maggio, scagliarono un disperato attacco. Niente da fare: i tedeschi, pochi giorni dopo, attaccarono con la fanteria e con gli aerei. La soluzione, disperata e coraggiosa, era solo una: evacuare via mare l’esercito francese. L’operazione, venne chiamata Dynamo. Ma, forse, era meglio chiamarla operazione impossibile. Le imbarcazioni della Union Jack avrebbero dovuto affrontare cento chilometri di mare aperto, tra mine e sommergibili nazisti.

Dunkirk
Il piano di evacuazione

Non solo, una volta arrivati a Dunkerque, avvicinandosi ai frangiflutti, l’ordine era caricare i francesi, stipati lungo i moli, mentre alle spalle pigiava l’esercito tedesco. Utopisticamente, l’obiettivo era salvare almeno 40 mila soldati nei primi due giorni di missione. 40 mila su 400 mila. Il resto, sarebbe finito sotto il fuoco tedesco. Ma, se quando piove diluvia, vi raccontiamo che, il primo giorno di Dynamo, il 27 maggio, vennero portati in salvo solo 8 mila uomini. Si provò a far avvicinare le navi britanniche più vicino la spiaggia, ma il rischio di incaglio era troppo. Così, l’intuizione: gli inglesi requisirono migliaia di imbarcazioni private lanciando un appello: chi ha una barca, parta per la Francia, c’è da salvare il mondo dall’idiozia nazista. L’indomani, come vediamo in Dunkirk di Nolan, tante imbarcazioni private solcarono la Manica al fianco dei cacciatorpedinieri della Marina di Sua Maestà.

Dunkirk, un'immagine dal set
Dunkirk, un’immagine dal set

Un’operazione di salvataggio incredibile, tanto da essere umanitaria più che militare. Al 28 maggio, però, solo 25 mila soldati erano stati salvati, quando l’esercio belga si arrese ai tedeschi, dando loro campo aperto verso Dunkerque. La corsa contro il tempo proseguì: il 29 maggio i soldati portati in salvo furono 45 mila, ma due giorni dopo i tedeschi, arrivati a Nieuwpoort, minacciavano le sorti della Guerra: i francesi, pur sapendo che sarebbero rimasti schiacciati, non mollarono il nemico, combattendo strenuamente per limitare l’avanzata, mentre l’aviazione britannica cercava di proteggerli dall’alto. La notte tra il 3 e il 4 giugno, vennero messi in salvo i soldati britannici (salvarli di giorno era ormai impensabile, vista la vicinanza dei nazisti), mentre circa 40 mila francesi alzarono bandiera bianca.

Dunkirk
In attesa del salvataggio

L’operazione Dynamo durò nove giorni, quasi 440 mila uomini – in maggioranza inglesi – furono salvati. Nonostante il discreto risultato, la campagna di Dunkirk fu un disastro dal punto di vista strategico: gli inglesi lasciarono dietro di loro un quantitativo ingente di armamenti: cannoni, motocicli, munizioni, carburante. I tedeschi affondarono duecento imbarcazioni, tra cui quelle dei civili, e il prezzo pagato, dal punto di vista militare, fu incalcolabile. Ma, nonostante questo, gli Alleati rigirarono a loro l’evento, che fece da slancio verso quella che poi sarebbe stata la vittoria nel 1945. Tanto che, Christopher Nolan, conclude il suo capolavoro con il discorso di Winston Churchill, passato alla storia come il “We shall fight on the beaches”. Il primo ministro riconobbe la ritirata, ma lanciò il messaggio più importante: il mondo libero avrebbe continuato a combattere i tedeschi fino alla morte. Ovunque.

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