ROMA – Il rumore della macchina da scrivere e dei tasti del PC. Una panoramica in dettaglio di una casa piena di Storia e storie. Tante foto e un posacenere pieno di mozziconi. Valerio Ruiz sceglie questi pochi dettagli per introdurre la protagonista del suo documentario Dietro gli occhiali bianchi, (lo trovate su MUBI), Lina Wertmüller, che ci ha lasciati a 93 anni. E da cosa partire se non dall’oggetto che più di ogni altro l’ha caratterizzata, quegli occhiali bianchi che si è fatta costruire su misura da una fabbrica. L’ordine? 5000 pezzi. Ovviamente comprati. È un vero atto d’amore quello che Ruiz dedica alla Wertmüller. Non un omaggio posticcio alla regista che solo tre anni ha ricevuto l’Oscar alla carriera, ma un’analisi sincera e genuina di un’artista complessa, ricca, appassionata come poche, ironica, tirannica, intelligente e umana, a suo modo geniale.
La struttura a interviste rispetta in pieno in canoni di un genere che è sì forma artistica, ma anche indagine, cronaca. Cosa sarebbe infatti un documentario senza delle testimonianze di impatto? Come quella di Martin Scorsese, dello scrittore e sceneggiatore Raffaele La Capria e Sophia Loren, senza dimenticare l’attore feticcio di Lina, Giancarlo Giannini. E allora se Lina racconta i suoi film “rientrando” in scena, camminando per le strade del paesino in cui girò I basilischi o nella spiaggia di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, i suoi amici e collaboratori di sempre sono invece seduti, avvolti da un’oscurità che li mette in risalto.
Il severissimo critico cinematografico John Simon ritiene che solo Leni Riefenstahl e Lina Wertmüller possano essere considerate le più grandi regista contemporanee. Per il nipote Massimo la zia Lina possiede il carattere dei grandi come Attila o Napoleone. La signora Wertmüller, invece, ama definirsi come un’artista dalla doppia anima; la prima più leggera e ridanciana, legata a doppio filo all’esperienza nel teatro musicale di Garinei e Giovanni, la seconda più drammatica e seria, eredità del lavoro con la compagnia di Giorgio De Lullo.
Lina Wertmüller insomma si racconta senza pudore davanti alla macchina di presa di Ruiz, parlando con emozione dell’incontro magico con Federico Fellini e del debutto nel mondo del cinema sul set di 8 e mezzo come aiuto regista. Esperienza essenziale per il suo primo film, I basilischi del 1963. La lezione di Fellini è tutta concentrata in un consiglio luminoso: lascia perdere la tecnica, un film funziona se racconti la tua storia come se lo facessi agli amici del bar. Se hai talento, lo farai bene.
Dietro gli occhiali bianchi è un’opera piacevole su un personaggio ricco di sfumature. Ancora più preziosa se si pensa a quanto possa essere difficile “domare” un cavallo di razza come lei. L’unico metodo possibile è stato quello utilizzato da Ruiz, da anni stretto collaboratore della regista: accompagnarla passo passo senza farle mai ombra, lasciando anzi che a risplendere fosse la sua luce.
- VIDEO | Qui per il trailer del film
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