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Da Ziggy Stardust al mito | Se un fumetto racconta la leggenda di David Bowie

Un fumetto racconta ascesa, musica e carriera di un mito. Il risultato? Un colpo di fulmine

David Bowie
La copertina del fumetto Bowie - Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams.

MILANO – Gone, but not forgotten. Nemmeno a dirlo, a più di sette anni dalla morte, David Bowie è oggi più vivo che mai, la sua musica sta in tutte le liste Spotify dei più ascoltati dell’anno, la sua eredità è finita in un film (Stardust) e in un grande documentario (Moonage Daydream), la sua estetica praticamente ovunque tra sfilate di moda, IG style e copertine di magazine, tra Oxford Street e New York. Qualche tempo fa Bowie è diventato anche un meraviglioso fumetto grazie a Bowie – Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams, biografia a fumetti uscita in Inghilterra per Insight Comics e che in Italia è arrivata grazie a Panini (24 euro) in un volume che prova a raccontarne vita e carriera, tra genesi di canzoni e scelte apparentemente azzardate.

Major Tom: un dettaglio del fumetto su Bowie.

Sfogliarlo è decisamente emozionante, perché il libro riesce a ricondurre in immagini alcuni dei momenti chiave non solo del rock, ma della stessa cultura pop del Novecento, vedi la creazione di Major Tom e la nascita di un inno come Space Oddity. Illustrato con grande attenzione e cura da due americani, Michael e Laura Allred, il fumetto segue le tavole della sceneggiatura di Steve Horton, certo non un novellino già all’opera per case come DC Comics, Image e Dark Horse. E si vede, perché a differenza di altre graphic novel, Bowie – Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams non è una lettura fine a se stessa e totalmente estetizzante, ma prova ad andare a fondo nella storia assolutamente unica di un genio.

Un altro particolare di Bowie – Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams.

Difficile scegliere sfogliando le centosessanta pagine, difficile fermare colori e immagini, frammenti di una vita irripetibile: si osservano look e passaggi storici, dagli Small Faces della Londra degli anni Sessanta a Blackstar, ma ci sono anche rimandi a un cult come Labyrinth e poi Mick Rock e, infine, una frase di Five Years scritta a caratteri cubitali su una pagina, frase che ascoltata ora – tra Australia e Amazzonia – sembra davvero il monito di un profeta molto cantato, ma forse troppo poco ascoltato: “Earth was really dying”. Fondamentale.

 

 

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