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Chiara Malta: «Il mio Simple Women, tra Hal Hartley, Nanni Moretti e Agnès Varda»

Jasmine, Elina, Agnès: la regista racconta a Hot Corn il suo debutto alla regia, tra riferimenti e ricordi

chiara malta
«Tra Moretti e Agnès Varda?». Chiara Malta in posa.

MILANO – Con una carriera divisa tra Roma e Parigi, ricca di cortometraggi e film sperimentali, Chiara Malta approda ora al primo lungometraggio con Simple Women – lo trovate qui in streaming su CHILI – con Jasmine Trinca ed Elina Löwensohn. Un film che, già nel titolo, riprende Simple Men di Hal Hartley, il punto di accesso per entrare nel legame che si crea tra Federica (Trinca), una giovane regista, ed Elina, proprio lei, la Löwensohn. Cinema dentro il cinema, cinema che parla di cinema, tra rimandi e riferimenti. In mezzo, la vita con i suoi imprevisti: un incontro fortuito che può dare una svolta decisiva e la scoperta che a volte i propri miti è meglio ammirarli da lontano. Ecco cosa ci ha raccontato Chiara Malta durante un dialogo via Zoom in un pomeriggio speciale.

Una e l’altra: Jasmine Trinca e Elina Löwensohn in Simple Women.

LA STORIA – «Simple Women parte da una storia relativamente poco vera. Io a quindici anni non conoscevo bene il cinema di Hal Hartley e non ero una fan di Elina Löwensohn. Quindi in realtà mi sono impossessata della storia di qualcun altro, che mi è stata raccontata e che mi è piaciuta, e poi vi ho cucito intorno due personaggi che hanno qualcosa di simile a me e qualcosa di simile a Elina. Però possiamo dire che la storia è stata inventata di sana pianta. In quanto al personaggio di Federica, forse le ho regalato un padre che simile al mio, delle zie paterne simili alle mie, però la traiettoria del personaggio è diversa dalla mia…».

Elina Löwensohn in una scena di Simple Men di Hal Hartley. Era il 1992.

L’EPILESSIA – «Il personaggio di Federica ha l’epilessia, un aspetto ereditato proprio dal film di Hal Hartley in cui il personaggio di Elina Löwensohn aveva ripetute crisi di epilessia. Cercavo un modo per avvicinare i due personaggi, per fare in modo che una si identificasse all’altra e mi sembrava che questa malattia così misteriosa, durante la quale il paziente non può vedere quello che accade, e che quindi ha bisogno di guardarsi dall’esterno e di guardarla su qualcun altro, mi sembrava molto interessante per il film. È una malattia cinematografica, se vogliamo dire…».

Elina Löwensohn sul set di Simple Women

I RIFERIMENTI – «Fellini? Tante cose nel film possono evocarne l’idea, però onestamente non ci ho pensato molto, non direttamente. Nanni Moretti invece è un regista che ho amato molto e credo di averlo omaggiato, poi il fatto che Federica corresse proprio al Nuovo Sacher di Roma – la sua sala – ha ovviamente dei richiami al suo cinema. Ma è stata più una dichiarazione d’amore che un’ispirazione, perché in generale Moretti ha ispirato il mestiere che faccio. In preparazione ho invece guardato molto All That Jazz di Bob Fosse, un film che mi ha aiutato nella costruzione per i piani temporali e un certo inscatolamento della narrazione».

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Jasmine Trinca in azione durante Simple Women.

IO & JASMINE – «Jasmine Trinca al progetto è arrivata quasi subito: stavo scrivendo la sinossi del film quando avevo già in testa lei perché mi sembrava che potesse avere un ruolo buffo, c’era qualcosa di molto ironico nel personaggio di Federica: fa tante gaffe, non è sicura di sé, è molto autoironica. Così mi pareva che Jasmine potesse incarnarlo perfettamente. Volevo anche un personaggio che potesse avere somiglianze fisiche con Elina e penso di non essermi sbagliata, c’era qualcosa nello sguardo e negli occhi che le somigliava. Poi qualcosa è nato tra loro due sul set: hanno modi diversi di lavorare ma si sono sostenute e hanno portato qualcosa a Simple Women. Insomma, è stato veramente un bell’incontro durante le riprese».

Un ritratto di Agnès Varda, scomparsa nel 2019.

IO & IL CINEMA – «Io ho una cultura cinematografica che è nata tardi e che è stata molto piena di buchi. Non ho una conoscenza esaustiva della storia del cinema, lo confesso. So che mi ci sono avvicinata un po’ via Nouvelle Vague dell’Europa dell’Est, mi piaceva perché, un po’ a causa della censura in quegli anni, si inventavano tante cose, con un linguaggio sempre rinnovato perché bisognava parlare un po’ in codice. Amo molto Agnès Varda, che è stata una delle prime registe che mi hanno fatta avvicinare al cinema, e anche una regista russa come Larisa Šepit’ko, anche lei mi piace molto».

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