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Auguri Clint Eastwood, cavaliere solitario che non ha mai voluto essere eroe

Dall’ispettore Callaghan alla regia, tra Oscar e jazz: l’incredibile parabola di un irregolare

Clint Eastwood
Clint Eastwood: classe 1930, è nato il 31 maggio a San Francisco.

MILANO – Adesso fanno tutti a gara a dire che lo avevano capito già da allora, che loro già sapevano tutto, anche quando lui girava per San Francisco con la mascella serrata e la sua 44 Magnum, bollato come reazionario e fascista, macho e machista. Perché sì, già da allora si capiva che Clint Eastwood sarebbe diventato un raffinato autore di Hollywood, destinato a Oscar e gloria futura. E invece no, non è vero, tanto che nemmeno lui sapeva cosa sarebbe diventato poi, perso in pieni anni Settanta tra action e western, tra gli insegnamenti dei padri putativi – Sergio Leone e Don Siegel – e la macchina di Hollywood che lo spingeva alla sbrigativa figura del giustiziere in un’America che faceva la fila per vedere Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!

Clint Eastwood
Con Leonardo DiCaprio sul set di J.Edgar. Era il 2011.

Da lì in poi – sono passati quasi cinquant’anni dall’uscita del primo Dirty Harry, era il Natale del 1971 – Eastwood è sempre stato tirato dentro nell’eterna questione politica, usato ripetutamente come bandiera per dimostrare tutto e il suo contrario, destrorso violento o fine intellettuale, con McCain e contro Obama, eppure – proprio ora che compie novant’anni – forse sarebbe il caso di restituirgli tutta la sua complessità, ricordare la grandezza dell’uomo, un irregolare assoluto che cita Noam Chomsky e appoggia Bloomberg, parlava di ecologia negli anni Ottanta e dal 1973 è per il controllo e la registrazione delle armi negli Stati Uniti, anche se nessuno lo dice. E allora la domanda rimane sempre la stessa: ma chi è davvero Clint Eastwood? Il macho militarista di Gunny oppure il fragile romantico de I ponti di Madison County?

clint eastwood
Con Jeff Bridges sul set di Una calibro 20 per lo specialista di Michael Cimino.

Tutto e il suo contrario, moltitudini, si potrebbe dire. La verità è che in questo tempo frettoloso dettato dai social che tende a semplificare e ridurre, che porta a schiacciare un personaggio su una dichiarazione, un errore o una singola immagine, Eastwood è un gigante, un autore di un altro tempo capace di attraversare più di mezzo secolo di cinema facendo sempre a modo proprio, anche a costo di rischiare tutto, anche a costo di ripartire ogni volta da zero: ricordate Gli spietati? Nel 1992 la Warner Bros. era pronta a un sonoro flop: chi avrebbe mai voluto vedere un western in cui i protagonisti erano degli anziani cowboy (miopi!) ormai sul viale del tramonto? Nessuno. E invece no: nove nomination, quattro Oscar e 300 milioni di dollari di incasso.

Clint Eastwood
Con Angelina Jolie durante le riprese di Changeling.

Ma il percorso di Clint è pieno di dissonanze volontarie, di elementi che non hanno progettazione (finalmente) e non hanno spiegazione se non quella dell’irregolare assoluto, del maverick del West che non vuole sottostare a nessun padrone (soldi, fama, politica) e non vuole nemmeno affiancarsi a nessuno, quasi come il suo personaggio nella trilogia di Leone: Eastwood non appartiene a un genere, Eastwood è un genere. Non gli è mai importato di appartenere alla cricca di Hollywood o alla cerchia dei nomi giusti, da un certo punto di vista appartiene molto di più all’epoca dei Bogart che a quella di DiCaprio. Lui fa sempre a modo suo ed è probabilmente l’unico autore tanto eclettico da poter girare Gunny o Bronco Billy, Mystic River e Un mondo perfetto, Jersey Boys e Changeling.

Clint Eastwood
Sul set di Bird con Forest Whitaker. Era il 1988.

Difficile individuare l’uomo nascosto dietro il mito, se non – forse – attraverso una grande, meravigliosa, debolezza: il jazz. Grande passione, quasi un’ossessione, prima come pianista (e andate a riascoltarvi la colonna sonora di Grace is gone), poi mettendo mano a una leggenda come Charlie Parker in tempi non sospetti (Bird, 1988), quindi producendo un documentario sul suo mito, Thelonious Monk (Straight, No Chaser) o ancora (finalmente) abbandonandosi davanti alla telecamera in Piano, Blues, prodotto da Scorsese, in cui gira rilassato per gli studi con Ray Charles e Dr. John: «Ma quanto è divertente parlare di jazz». Ecco, forse per capire Eastwood bisogna proprio tornare lì, osservare il momento in cui abbassa la guardia: come quando si siede al piano con Dave Brubeck e lo ascolta, come un vecchio amico, parlare di spirituals e blues.

  • Eastwood e Dave Brubeck in Piano, Blues:

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