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Arsalan Amiri: «Zalava, l’Iran e l’equilibrio tra razionale e irrazionale»

Il regista iraniano debutta in Concorso alla SIC 36 con un film ispirato alla sua infanzia in Iran

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Una scena di Zalava di Arsalan Amiri, in Concorso alla SIC 36

VENEZIA – 1978, gli abitanti di un piccolo villaggio chiamato Zalava sono convinti che un demone sia tra loro. Un giovane sergente che indaga sul caso decide di arrestare l’esorcista che tenta di scacciare il demone dal villaggio. Ma improvvisamente si ritroverà bloccato in una casa maledetta con la sua amante e gli abitanti del villaggio li crederanno entrambi posseduti. Arsalan Amiri, dopo aver co-scritto, Nahid, film diretto da Ida Panahandeh vincitore del Premio Futuro Promettente in Un Certain Regard a Cannes 68 e aver lavorato come co-sceneggiatore, montatore e produttore degli ultimi tre film della regista iraniana (Israfil, The Nikaidos’ Fall e TiTi), debutta al lungometraggio in Concorso alla SIC 36 con Zalava.

Perché hai scelto questa storia per il tuo debutto cinematografico? Conoscevi già le storie dei demoni nei villaggi iraniani?

Il mio obiettivo era fare un film che mi rappresentasse: un ritratto della mia infanzia, della mia regione e della mia esperienza di vita come minoranza curda iraniana. I miei genitori sono di due diverse confessioni islamiche: sunniti e sciiti. Ricordo i miei nonni che erano agli antipodi. Uno era un semplice uomo religioso che credeva nel mondo dopo la morte, e l’altro era un epicureo materialista che si accontentava dei tesori terreni. Quando il nonno religioso mi parlò di Jinn (genio) per la prima volta, è iniziato il mio dilemma. Da bambino, ho messo in dubbio l’esistenza di questa creatura invisibile soprannaturale fatta di fuoco, ma non ho avuto il coraggio di parlarne. Alla fine, mi sono sforzato di crederci, perché non volevo essere punito dai geni nel cuore della notte. Anni dopo, mentre cercavo un’idea unica per il mio primo film, mio padre ha condiviso la storia di uno dei miei antenati che ha reso schiavo un genio attaccandogli uno spillo ai vestiti! Era puro realismo magico e sorprendentemente mio padre ci credeva. In quel momento, sapevo di aver trovato il mio film. Con un tema, quello del credere, che non mi lasciava andare fin dall’infanzia. Ho capito che non siamo altro che ciò in cui crediamo o ciò in cui scegliamo di credere. Nel frattempo, a volte, dobbiamo guardare indietro ai nostri valori per lasciare che il dubbio e l’incertezza giudichino le nostre idee rigide.

Arsalan Amiri
Una scena di Zalava

Per quanto tempo hai lavorato a questo progetto? È stato difficile trovare i finanziatori?

Ci sono voluti 7 anni da quando mi è venuta in mente l’idea del film fino a quando finalmente l’ho realizzata. È stato un viaggio lungo e difficile. Ho avuto due problemi principali. Il primo è stato la storia e il genere del film. Ho presentato il progetto a una decina di produttori e ho cercato di convincerli ma lo hanno rifiutato tutti. Erano dubbiosi sul genere ibrido perché nessuno ha questo tipo di esperienza nel cinema iraniano e anche il concetto delicato della storia li preoccupava. Zalava è il mio primo lungometraggio e questo è stato il secondo problema. I produttori non potevano fidarsi di me perché ero uno sceneggiatore e montatore e lavoravo principalmente con Ida Panahandeh, una famosa regista iraniana. Non avevo esperienza nella regia. Alla fine Samira Baradari è stata abbastanza coraggiosa da farsi convincere dalla sceneggiatura e dalle mie parole. Così abbiamo iniziato a lavorare insieme a Ruhollah.

Un’immagine di Zalava, debutto al lungometraggio di Arsalan Amiri

Il tuo film è diviso tra razionale e irrazionale. Anche se Zalava è ambientato nel 1978, il film è molto moderno e attuale. Che tipo di riflessione speri di suscitare nel pubblico?

Zalava è una storia simbolica che si ispira alle mie esperienze in Medio Oriente. Ma possiamo trovare questo conflitto tra credenze dogmatiche e pensieri logici nel corso della Storia in tutto il mondo dove è pieno di persone che pensano di poter imporre i propri pensieri agli altri. Questo dogmatismo irrazionale a volte finiva in tragedia. La riflessione che voglio suscitare nel pubblico è il senso di consapevolezza guardando una storia emozionante e coinvolgente.

Zalava
Una scena di Zalava

Come hai lavorato con Mohammad Reza Shojaie e M. Hossein Karami per ricreare un villaggio iraniano della fine degli anni Settanta?

Il Kurdistan è la mia patria, ci sono nato nel 1975. Ho vissuto parte della mia infanzia sul finire degli anni Settanta, quindi ho sperimentato la cultura e l’atmosfera che si vedono nel film nella mia vita reale. Ho scelto di lavorare con M. Reza Shojaie e M.H. Karami perché avevano già avuto ottime esperienze nei film storici iraniani. Così siamo diventati una squadra, abbiamo iniziato a fare ricerche e guardare vecchi film e foto, viaggiando molto attraverso il Kurdistan. Quello che si vedi nel film è il risultato di questa cooperazione.

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