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Taxi Driver, Parasite e il caso Minari | Ma gli Oscar sono ancora rilevanti?

Abbagli clamorosi, ritardi e assenze, tra Rocky e Ferdinand. L’Academy ha ancora un peso artistico?

In attesa degli Oscar: quest'edizione si terrà il 26 aprile.

MILANO – Ma quando hanno smesso di essere artisticamente rilevanti gli Oscar? Ci sono varie correnti di pensiero: qualcuno sostiene che l’inizio della fine arrivò la notte del 28 marzo 1977 quando Rocky vinse la statuetta per il miglior film battendo, nell’ordine, Taxi Driver, Tutti gli uomini del Presidente e Quinto potere. Qualcun altro invece tende a ritardare l’avvenimento, a quando Pulp Fiction venne sconfitto da Forrest Gump nel 1995. In definitiva, pur cambiando gli addendi, il risultato non cambia: nessuno crede più che l’Oscar venga attribuito realmente al miglior film e quando qualcuno torna a illudersi che sia così (vedi lo strano caso di Birdman di Iñárritu), ecco che il ricordo degli innumerevoli abbagli presi su Stanley Kubrick – un solo Oscar in carriera, per gli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio – lo riporta alla ragione.

Mio? No, tuo: il pasticcio dell’edizione 2017 tra La La Land e Moonlight.

Ci sarebbero poi da menzionare anche i casi di Orson Welles (un solo Oscar, onorario) e Charlie Chaplin (altro Oscar di riparazione alla carriera), o l’assurdità dell’unica nomination come attore a Robert Redford (per La stangata), senza dimenticare Tim Burton (due nomination, solo per i suoi progetti animati) o Sergio Leone, ma non è il caso di infierire su un Academy che, in linea di massima, ha commesso più errori che altro, basti pensare che Paul Haggis ha due Oscar sul comodino e Brian De Palma non ha mai nemmeno ricevuto una nomination, come vi abbiamo raccontato qui. Improbabile? Sì, ma vero.

Oscar 2021
Un anno fa: Jane Fonda consegna l’Oscar a Parasite.

In più, il siparietto (imbarazzante) del 2017 con Warren Beatty e la busta migrata sul finale tra La La Land e Moonlight non ha certo aiutato la causa, dimostrando un pessimo sistema organizzativo (fosse successo in Italia!). Non bastasse, c’è un altro problema: per anni si è sempre sostenuto, a ragione, che una nomination e una vittoria all’Oscar portassero un incremento degli incassi superiore anche al 20%. Bene: nessuno dei film vincitori delle ultime edizioni, prendiamo Birdman, Il caso Spotlight e Moonlight, è riuscito a superare i cento milioni di dollari di incasso, quando poco più di dieci anni fa perfino Argo – Ben Affleck, altri due Oscar in bacheca – dopo l’Oscar arrivò a quota 250 milioni di dollari. Parasite invece sì, ma è un caso molto diverso.

«Warren, è tardi, forse è meglio chiudere…». Kimmel e Beatty, Oscar 2017.

Ma la rilevanza di cui si parla qui non è certo quella economica, ma artistica: quando può pesare un premio che candida per la prima volta Christopher Nolan a quasi vent’anni dall’esordio? O dimentica Spike Lee per trent’anni (primo Oscar vinto davvero nel 2019 per la sceneggiatura) ma riconosce subito Jordan Peele? O, ancora, infila nella cinquina animata dei cartoon innocui come Baby Boss e Ferdinand (!) o premia Rami Malek al primo colpo come miglior attore (e Redford aspetta)? O ancora, premia due volte Renée Zellweger (una bastava, grazie) e quest’anno infila Minari come miglior film straniero facendo una colossale confusione? E poi, improvvisamente, l’anno scorso premia Parasite dopo aver ignorato per anni i film stranieri nelle categorie principali?

Due Oscar a Renee Zellweger? Saranno troppi…

«Better late than never», si dirà, ma come spesso accade negli ultimi anni, dalla giostra delle nomination esce un grande vincitore, ed è italiano: la Mostra di Venezia, che dopo le vittorie con La La Land, Bidman, Gravity, The Shape of Water, Tre manifesti quest’anno agli Oscar 2021 si porterà a casa un altro Oscar per un film passato in anteprima al Lido: Nomadland, sicuro vincitore in un anno assurdo. Anche per gli Oscar.

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