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Non Aspettarti Troppo Dalla Fine Del Mondo | Radu Jude e un’istantanea dei nostri tempi

Un film di superfici, incastri e contraddizioni, un capolavoro moderno, ma vale davvero la pena vederlo?

Ilinca Manolache in una scena di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo di Radu Jude, al cinema con Cat People e I Wonder Pictures
Ilinca Manolache in una scena di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo di Radu Jude, al cinema con Cat People e I Wonder Pictures

ROMA – Orfani del meraviglioso e controverso Sesso sfortunato o follie porno, premiato con l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino del 2021, non potevamo che attendere con enorme trepidazione e forse perfino seduzione, Non aspettarti troppo dalla fine del mondo, una vera e propria dichiarazione d’intenti e al tempo stesso un coraggioso avvertimento, che l’ultima fatica registica di Radu Jude, uno dei maestri del nuovo cinema rumeno, affida al titolo dello stesso film. È esattamente questo, Non aspettarti troppo dalla fine del mondo, poiché è ovvio, se hai amato il cinema di Jude, Puiu e Mungiu, tutto ciò che puoi – e devi – fare è aspettarti invece qualcosa di colossale e sorprendente dalla fine del mondo e dall’ultimo lungometraggio di un grande autore, la cui impronta resta fin da ora impressa nella memoria cinematografica collettiva recente e non solo.

Ilinca Manolache in una scena di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo
Ilinca Manolache in una scena di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo

Una giovane donna vaga senza meta a bordo della sua auto – confusionaria e caotica, tanto quanto la protagonista stessa -, tra le strade violente e trafficate, di una Bucarest conflittuale, variegata e alla disperata ricerca di un riscatto, tanto collettivo, quanto individuale. Angela (Ilinca Manolache) infatti, è incaricata di filmare alcuni provini per conto di una multinazionale mai realmente precisata. Protagonisti delle clip di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo, individui menomati, il cui lavoro ha tolto ogni cosa, non soltanto la capacità di vivere autonomamente nella società, ma anche il desiderio della sopravvivenza. C’è chi vive in palazzine fatiscenti, senza corrente elettrica, né acqua corrente. Chi vive sommerso di oggetti e rifiuti e così via, fino all’abbandono e alla solitudine più totale. Angela non giudica, osserva e la videocamera – o per meglio dire, il cinema ed il suo autore – opera nel silenzio, fotografando il reale, dentro e oltre la finzione.

La Romania di Radu Jude
La Romania di Radu Jude

Ancora una volta Jude sceglie di non realizzare fino in fondo un cinema narrativo, preferendogli una matrice documentaristica che la svolta social, così come il riutilizzo dei materiali d’archivio e il film datato 1981, Angela merge mai departe, di Lucian Bratu, ibridano attraverso una ricerca atipica che lavora sulle immagini come frutto immediato e pericoloso di un caleidoscopio in continua produzione e movimento. Un film dentro un film, Non aspettarti troppo dalla fine del mondo, linguaggi che si mescolano tra loro – esilarante la riflessione sull’estremizzazione del doppio, operata da Angela attraverso le clip su TikTok – e tempi dilatati, rispetto ai quali lo spettatore nulla può far altro che lasciarsi andare, scegliendo o di viverli a fondo, oppure di perdersi, senza più ritrovarsi.

Un momento di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo
Un momento di Non aspettarti troppo dalla fine del mondo

Ecco perché la matrice documentaristica lascia sempre più spazio a quella del road movie. Poiché è sulla strada che il flusso di coscienza diviene realmente inarrestabile e curioso, oltreché folle e pericolosamente sregolato. Un flusso di coscienza che sembrerebbe osservare per certi versi la produzione letteraria di David Foster Wallace e per altri, quella musicale di Leonard Cohen. Due binari che scorrono paralleli, intrecciandosi di tanto in tanto, risultando però sempre differenti e inconfondibili. C’è il fiume di pensiero incessante, confuso, esilarante e caotico di Wallace, che ben si accosta all’animo perduto di Angela – seppur sia sempre presente a sé stessa – e c’è la vena malinconica, distesa e densa di Cohen, che dolentemente accompagna i provini, le clip, il linguaggio sboccato del doppio partorito da TikTok e la perdizione giovanile e non solo dei cittadini di Bucarest e così dell’intera popolazione romena.

I filtri, TikTok e la contemporaneità
I filtri, TikTok e la contemporaneità

Qui nasce l’animo politico di Radu Jude, nella capacità Pasoliniana e solo secondariamente Tarantiniana – seppur Infinite Jest di Wallace ne rappresenti un esempio perfetto – di intrecciare alto e basso, sacro e profano, sociale e politico, confondendoli tra loro, dando vita a nuove figure, voci e sensazioni, che sono tanto di pancia, quanto di spirito. Non aspettarti troppo dalla fine del mondo non rispetta un’idea di cinema convenzionale, capace in quanto tale di abbracciare e conquistare appieno una grande fetta di pubblico, al contrario, (soprav)vive per pochi, pochissimi.

Tra Proust e Fielding, Alla ricerca del tempo perduto e Tom Jones
Tra Proust e Fielding, Alla ricerca del tempo perduto e Tom Jones

Permettendo di osservare ancora l’esistenza di un cinema sperimentale, che nel caos e ancor più sulla strada e nell’immaginario cinematografico nazionale e non solo, può ritrovare sé stesso e confondersi, permettendo la nascita di nuove forme, linguaggi, voci e volti. Il viaggio che Jude propone non è breve, ma vale la pena di prendervi parte. Soprattutto per la sua strepitosa condottiera Angela ed il suo doppio su TikTok, tanto esilarante, quanto spaventoso e tragicamente reale.

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