ROMA – Cosa può condurre un uomo buono, verso la follia e la violenza? È il quesito alla base di ogni villain origin story che si rispetti. Spesso ha a che vedere con la fine di un amore, altrimenti con un decisivo torto subito, cui la violenza rapidamente risponde, o ancora con un cambiamento della psiche, dapprima inavvertito e poi sempre più evidente. È il caso di Josh McCall, protagonista assoluto di Sharp Corner, cui dà volto e corpo uno straordinario Ben Foster, che per un attimo ci conduce fuori strada, apparendo stranamente, nei panni di un individuo mai così distante dai ruoli precedentemente interpretati, per poi svelarsi sempre più, mettendosi a nudo e sprofondando nell’oscurità. Felicemente sposato con Rachel (Cobie Smulders), psicoterapeuta comportale dalla personalità irruenta, Josh è membro di lunga data di un’importante azienda di telefonia, nonché padre amorevole e più che presente per il piccolo Max. Il quadro è quello di una famiglia convenzionale e apparentemente perfetta. Ecco perché a Josh non sembrerebbe mancare proprio niente per condurre una vita tranquilla e rispettabile.

Eppure qualcosa sta per incrinarsi, mutando per sempre le logiche della famiglia McCall. Una pericolosa e spaventosa ossessione, è infatti dietro l’angolo, o ancor meglio, la curva, pronta a lacerare per sempre una lunga serie d’esistenze, prima tra tutte, quella di Josh. Al secondo lungometraggio da regista, dopo il promettente e cupo Blackbird, Jason Buxton, torna ad indagare gli angoli bui della psiche. Quelli che raramente si mostrano e che il più delle volte si mettono a tacere, poiché scomodi, inspiegabili e certamente maligni. Ancor più se tali mutamenti stravolgono la vita non di un emarginato, né tantomeno di un criminale, piuttosto di un uomo come tanti, che ha sempre rassicurato sé stesso e gli altri, incurante però di un udibile sussurro – e inclinazione -, che ha sempre desiderato condurlo lì, all’esplorazione dell’oscurità e della violenza. Josh però non intende far del male, non subito almeno. Poiché tutto ciò che vuole, è in realtà essere osservato e riconosciuto in quanto eroe. O come dirà in un passaggio piuttosto significativo del film: uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto.

L’incidente scatenante, che coincide efficacemente con la sequenza d’apertura e che mai sembrerebbe condurre il lungometraggio di Buxton verso determinate declinazioni di genere, è tensivo e surreale a tal punto, da mettere in crisi ogni certezza e previsione. Nel soggiorno di una casa appena acquistata, una coppia fa l’amore – apparentemente dopo molto tempo dall’ultima volta -, incurante delle enormi finestre e del possibile risveglio del figlio. Quando all’improvviso, tra gemiti e lamenti di piacere, uno pneumatico irrompe nell’ambiente, spezzando brutalmente le finestre dell’abitazione e così quella privacy e curiosità tra i corpi appena ritrovata. La stessa destinata a perdersi, poiché niente è più importante dell’ossessione. Josh infatti non si accontenta di quel singolo episodio. La curva davanti casa, ormai scenario di un tragico incidente d’auto – che l’ossessione, muta in morbosa indagine privata – ai danni di un’adolescente, non può in alcun modo generare un tale accadimento, per una volta soltanto. Dovrà farlo ancora e ancora e ancora, sempre più. O almeno finché Josh non verrà considerato un eroe, dopo aver messo in salvo uno di quei corpi orrendamente mutilati, o di lì a poco in preda alle fiamme. Ecco perché la casa non può essere venduta, ecco perché Josh nell’oscurità osserva le auto sfrecciare a gran velocità prima e dopo quella curva della morte. Poiché nulla può di fronte al desiderio, per quanto disturbato e spaventoso sia.

Debitore di uno sguardo spietato e cinico, così come di una narrazione ridotta all’osso, affidata ad un cast d’interpreti estremamente controllati e mai verbosi, propria della cinematografia di autori assai distanti tra loro come Sam Peckinpah e Michael Haneke, Sharp Corner sorprende e inquieta. Il lungometraggio di Buxton infatti, nascendo nel dramma familiare più puro e convenzionale, rivela lentamente la propria anima. Quella del thriller tensivo e angosciante, le cui intenzioni bruciano lente, fino all’attesa catarsi, capace di raggiungere lodevoli e spaventose suggestioni horror, colte abilmente da Ben Foster, in quella che è senza alcun dubbio, una delle migliori prove di carriera, dagli esordi ad oggi. Sinistro e inaspettato, Sharp Corner ritrova un certo immaginario tipicamente Cronenberghiano, piegandolo ad un’acuta indagine sul disperato e tedioso tentativo familiare di aspirare alla perfezione, celando sotto il tappeto insoddisfazioni, nevrosi, tradimenti, traumi e forse perfino corpi. Qui ha inizio il male, qui ha inizio la curva, che di segnali non è affatto sopravvista, eppure la morte è sempre affamata e così Josh, instancabilmente in attesa della sua venuta.
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