ROMA – Da Napoli a Napoli, lungo un percorso che sembra non potersi interrompere. Dopo L’immortale e Napoli Magica, Marco D’Amore torna alla regia con Caracas, mettendo in scena un viaggio all’interno di una città che avvolge e ammalia, confonde e stordisce. In cui, alla fine, come dice lo stesso regista (qui anche interprete protagonista) è «Lo spettatore a decidere se in ultima ratio vi è salvezza o meno». Adattamento del romanzo Napoli Ferrovia di Ermanno Rea, Caracas racconta la storia di Giordano Fonte (Toni Servillo), noto scrittore che fa rientro nella sua città, appunto Napoli, dopo molti anni. Un luogo che quasi non riconosce, ma che continua, anche a distanza di anni, ad affascinarlo e incantarlo.

E in questo plauso al DoP Stefano Meloni che con caparbietà riesce egregiamente a rappresentare quello stato d’animo. I colori si alternano in quella che – specie nei primi due atti – sembra essere miscela di generi: dal noir al thriller, dal dramma all’onirismo felliniano. Durante questo itinerario di ritorno, Fonte incontra Caracas, un apparente fascista che nutre il desiderio di convertirsi all’Islam e che deve affrontare un rapporto d’amore tormentato con Yasmina (Lina-Camélia Lumbroso), giovane tossicodipendente che combatte con i propri demoni interiori. Giordano Fonte canta e racconta l’amore impossibile tra Caracas e Yasmina attraversando una Napoli diversa sì, che quasi non si riconosce, ma che non per questo perde il suo fascino, tra il mistero e il realismo magico.

Tutti così, anche Caracas e Giordano, sognano di poter aprire gli occhi dopo un incubo e scorgere, dopo il buio della notte, una giornata piena di luce. Il viaggio di Giordano si evolve all’interno di una regia che conferma la maturità stilistica di D’Amore dietro la macchina da presa, in cui il ritmo della tensione narrativa è crescente, in cui realtà e sogno si fondono. Qualcosa che sembra suggeritaci dal voice-over di Servillo che apre e chiude il cerchio: «A volte è meglio non sapere le cose. Il bello della vita è proprio questo: ignorare che cosa accadrà domani, anzi, che cosa accadrà tra un istante. Del resto, come potremmo nutrire qualunque speranza nel nostro futuro, se lo conoscessimo già?».

Caracas si destreggia alla ricerca di una speranza incerta, di un’autoaffermazione che non ha risposte o verità sicure. Il dipinto di Napoli è dolce, tra brutture e contraddizioni, ma con tanta dolcezza. Da questo mondo simile a un labirinto, D’Amore non suggerisce un’identità o una salvezza, non confeziona una risposta. Ma c’è la chiarezza dello stare al mondo, specie in un’inquadratura che fa da collante. Dallo sguardo alle parole, dagli occhi agli occhi. C’è il gesto di chi nonostante tutto vuole proiettarsi nel futuro.
- HOT CORN TV | D’Amore, Servillo e Camélia-Lumbroso raccontano il film
- OPINIONI | El Paraìso, Edoardo Pesce e un sogno colombiano di speranza
- VIDEO | Qui per il trailer del film
Lascia un Commento