ROMA – Aadesh (Kunal Nayyar) è un abile informatico ma è finito a lavorare per il negozio di tappeti della famiglia della moglie. Tara (Elizabeth Henstridge) è un’insegnante universitaria con un difficile divorzio alle spalle e una figlia che non vede abbastanza. Natalie (Georgina Campbell) sta per sposare l’uomo che ama ma continua a prendersi cura della madre e della sorella. Eddie (Tom Rhys Harries) è il figlio di una ricca coppia divorziata che passa da un party all’altro. Cos’hanno in comune? Apparentemente nulla tranne il fatto di essere inglesi. E il fatto di essersi trovati nello stesso albergo newyorchese la notte in cui Leo Newman (Gerran Howell), figlio di una potente donna d’affari di New York, Katherine Newman (Uma Thurman) è stato rapito. Suspicion, dal 4 febbraio su Apple Tv+, racconta di come le loro storie siano intrecciate.
Adattamento dell’israeliana False Flag – che già solo con Hatufim e Betipul, diventate poi Homeland e In Treatment, ha dato prova di saper come ideare un serie TV –, Suspicion vede Rob Williams (The Man in the High Castle, Killing Eve) in veste di showrunner e Chris Long (The Americans) e Stefan Schwartz (The Boys) dietro la macchina da presa. Divisa tra Londra e New York, la serie colpisce per la varietà di location che si susseguono episodio dopo episodio regalando al racconto un ritmo visivo che va di pari passo a quello narrativo. Perché la serie, come ogni thriller che si rispetti, è un continuo susseguirsi di colpi di scena che vedono i protagonisti coinvolti in una caccia internazionale mentre cercano di capire chi muove i fili delle loro accuse.
Va detto che il personaggio interpretato da Uma Thurman, esempio di quella moralità corrotta che aleggia tra i temi centrali della serie, non ha il giusto spazio che merita. Negli otto episodi che compongono Suspicion appare troppo poco sullo schermo nonostante sia il suo operato a dare il via al rapimento che scatena una serie di eventi a catena. Ma la serie di Apple TV+ ha dalla sua la capacità di saper mostrare, seppur in un lasso di tempo limitato, l’evoluzione dei suoi protagonisti dei quali man mano ci vengono svelati segreti e zone grigie.
Perché uno dei punti di Suspicion è proprio quello di sottolineare come nessuno di noi sia privo di segreti che celiamo anche alle persone a noi più care. Ma l’elemento più interessante della serie è l’analisi del nostro presente. Viviamo nell’era della post-verità e nonostante il nostro sia il tempo dell’informazione in diretta è anche quello in cui la realtà è facilmente manipolabile e difendere noi stessi da accuse infondate è sempre più difficile. Specie in un mondo sempre più legato ai social media e a Internet. Due strumenti che negli ultimi anni hanno contribuito al fatto che cattiva informazione, notizie false e manipolate ad hoc portassero ad interferenze capaci di modificare l’esito di elezioni o la formazione di un pensiero critico dell’opinione pubblica.
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L’intervista ai protagonisti di Suspicion è a cura di Manuela Santacatterina:
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