in

Dispatches From Elsewhere e il fantastico mondo di Jason Segel

Un grande gioco da tavola con personaggi in carne ed ossa per una serie surreale e stravagante

Dispatches from Elsewhere

MILANO – «Ora che ho ottenuto la vostra attenzione, inizierò». Parte con oltre 20 secondi di silenzio Dispatches From Elsewhere – su Amazon Prime Video dal 15 giugno – la serie antologica della AMC ideata, scritta, interpretata e prodotta da Jason Segel. A parlare – primo piano su sfondo arancione – è l’Octavio Coleman di Richard E. Grant, il misterioso fondatore del Jejune Institute, narratore nonché direttore d’orchestra della storia. È sempre lui a presentarci Peter (Segel) e «la sua vita senza rischi, la sua vita senza un dolore reale, la sua vita senza gioie reali» che fatica a trovare il senso della sua esistenza. A venirgli in aiuto una serie di strani volantini in cui incappa nel suo tragitto verso il lavoro.

Dispatches from Elsewhere
Richard E. Grant è Octavio Coleman

Si tratta del Jejune Institute in cui si reca, incuriosito, per scoprire di cosa si tratti. Ma ecco che lì Peter scopre dell’esistenza di un’altra corrente segreta, la Elsewhere Society, convinta della malvagità di Octavio Coleman e impegnata nella liberazione di Clara, una donna responsabile delle innovazioni del Jejune Institute. Da questo momento Peter, invece di esistere, inizierà a vivere. Merito anche dell’incontro con altre tre persone – Fredwynn (André 3000), un giovane uomo intelligente quanto paranoico, Simone (Eve Lindley), una donna trans bloccata dalla paura di mostrare il suo vero io e Janice (Sally Field), vedova con l’obiettivo di scoprire cosa ci sia dopo la morte –, tutte partecipanti del gioco dell’Elsewhere Society.

Dispatches from Elsewhere
Jason Segel e André 3000 in una scena della serie

Una trama intricata? Senza dubbio, ma anche surreale e stravagante. Perché Dispatches From Elsewhere più che interessata a risolvere il mistero che si cela dietro la scomparsa di Clara si concentra sui suoi personaggi. Persone comuni che s’imbattono in qualcosa di più grande di loro che li farà evolvere come esseri umani e scoprire la magia nascosta sotto la patina stantia della quotidianità. Dieci episodi ambientati a Philadelphia – i primi quattro dedicati rispettivamente ad ognuno dei protagonisti – prodotti da Segel insieme a Scott Rudin (The Social Network), Eli Bush (Lady Bird) il cui tema ricorrente è il bisogno di tornare a comunicare.

Una scena di Dispatches from Elsewhere

Una connessione umana ed empatica tra individui con idee e approcci differenti alla vita (ognuno dei quattro protagonisti ha una sua teoria sulla Jujune e l’Elsewhere Society) che Jason Segel sottolinea giocando con stili e toni. Dispatches From Elsewhere è un azzardo, un grande gioco da tavola con personaggi in carne ed ossa che mischia dramma e mistero, amore e tragedia. Come confessato dal suo creatore, la serie è nata in un momento di crisi personale e artistica di Segel che, dal successo televisivo di How I Met You Mother al cinema indipendente di The End of The Tour, sentiva di aver perso la bussola, di non riuscire più ad osare.

Un’immagine della serie

Proprio come per il suo personaggio è stato un incontro – o meglio, una visione – a far riaccendere in lui la creatività. The Institute, documentario del 2013 diretto da Spencer McCall e incentrato sul Jejune Institute, esperienza interattiva creata da Jeff Hull a San Francisco nel 2008 (attiva fino al 2011) in cui i partecipanti venivano reclutati attraverso volantini o post online per poi partecipare ad un’esperienza capace di svelare il magico nascosto in bella vista dietro il reale. Così l’attore ha unito la sua crisi personale al gioco e Dispatches From Elsewhere, inizialmente pensato come un film, è finito per trasformarsi in una serie per permettere un maggiore sviluppo dei suoi personaggi.

Dispatches from Elsewhere
Jason Segel e Eve Lindley in Dispatches from Elsewhere

«Molte storie raccontano di persone che scoprono di essere straordinarie», ha raccontato Jason Segel al New York Times, «La serie invece è incentrata sull’idea che possiamo essere tutti insieme persone ordinarie». Un serie che rievoca una moderna versione de Il Mago di Oz in cui Peter, Simone, Fredwynn e Janice sono ognuno alla ricerca di un pezzo di sé che può essere trovato solo aprendosi al prossimo, tra pesci elettronici parlanti, Bigfoot in giacca e cravatta e strane biciclette con cui azionare vecchie tv.

Qui potete vedere il trailer di Dispatches from Elsewhere:

Lascia un Commento

Giorgio Pasotti sul set di Abbi Fede

Giorgio Pasotti: «Abbi Fede, la mia commedia grottesca al passo coi tempi»

alberto sordi

Una vita tutta da ridere | Il mito di Alberto Sordi e l’Italia raccontata nel suo cinema