MILANO – «Se dovete fermare un asteroide, chiamate Superman. Se dovete risolvere un mistero, chiamate Batman. Ma se volete fermare una guerra, chiamate Wonder Woman». La scrittrice di fumetti Gail Simone l’ha così descritta e forse incarna un po’ tutto ciò che la supereroina ha significato da quando fece la sua comparsa nel 1941 con il primo numero di All Star Comics. Un mito eterno, che continua a rivivere e a trasformarsi con nuovi mezzi, celebrato nella mostra Wonder Woman. Il mito – la prima in Italia dedicata all’amazzone – a Milano per un anniversario speciale. Dal 17 novembre al 22 marzo 2022, tra le sale di Palazzo Morando sarà possibile ripercorrere gli ottant’anni di storia di uno dei personaggi dei fumetti più amati di sempre, attraverso fumetti, tavole originali, costumi, action figures e alcune clip dei film più recenti.
Wonder Woman, o Diana Prince, è diventata ben presto un’icona femminile e femminista. Sin dalle intenzioni del suo creatore, lo psicologo William Marston, che aveva impiegato anni di ricerche per arrivare al suo personaggio, al suo carattere e al suo profilo. La sua storia, raccontata anche nel film Professor Marston & the Wonder Women, è risultata in un tentativo di bilanciare l’eccessiva violenza dei supereroi maschili, subito però accusata di avere una carica sessuale troppo eccessiva. Ecco allora che la mostra ci fa conoscere quella Wonder Woman degli inizi, quella che sconvolse parte dell’opinione pubblica quando nel 1942 ottenne il suo primo fumetto dedicato in Sensation Comics.
Dagli inizi fino a metà degli anni Cinquanta, la supereroina visse una fase epica, che ancora oggi viene chiamata la Golden Age di Wonder Woman, quella che la vedeva invincibile e senza freni. I problemi arrivarono dopo, quando nel 1954 venne introdotto il Comics Code Author per regolare i fumetti, considerati cattive influenze per le masse. Perché un pizzico di puritanesimo non poteva mancare e per Diana Prince iniziò un periodo di censura: perse i superpoteri e venne trasformata in una sorta di investigatrice. Ripercorrere a tappe le copertine e le illustrazioni che hanno reso celebre il fumetto è un viaggio inedito nel mondo della supereroina di Temyschira, l’isola della Amazzoni, che finora non avevamo ancora conosciuto e che è una sorpresa scoprire.
Ad esempio, la prima copertina della rivista fondata da Gloria Steinem – MS. -, che scelse proprio Wonder Woman come icona della nuova ondata di femminismo. È l’illustrazione di Crisi sulle Terre infinite, il fumetto che rivoluzionò completamente l’universo DC e che riabilitò tutti i suoi supereroi, ad aprire questa nuova ora. Oppure, sapevate che nel mito di Wonder Woman il nostro Paese può vantare un po’ di orgoglio? Sono state infatti pochissime le disegnatrici che hanno contribuito al personaggio, e per la maggior parte sono proprio italiane: Laura Braga, Emanuela Lupacchino e Maria Laura Sanapo.
E infine, non poteva mancare l’avvento dei nuovi media, quelli che hanno portato Diana Prince prima sul piccolo e poi sul grande schermo. Dalla storica serie televisiva con Lynda Carter fino ai film con Gal Gadot, Wonder Woman si è reinventata e ha continuato a incarnare i suoi ideali, forse più utili a certe epoche che ad altre. Perché ora abbiamo detto addio al vecchio costume blu e rosso e al corsetto per una vera e propria armatura: «Con la sua divisa la Guerriera dimostra la propria potenza a chi forse la vorrebbe più mite…». L’amazzone non ha ancora perso il suo fascino e Wonder Woman. Il mito è un evento unico. Senza scordare il suo passato, siamo pronti per cosa le riserva il futuro.
- Professor Marston & the Wonder Women: genesi di una supereroina
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