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TV COLUMN | Willy, il principe di Bel-Air: Will Smith e quella serie che cambiò tutto

Dai film di Spike Lee alla celebrazione della cultura black: così lo show cult influenzò la tv

Willy, il principe di Bel-Air

MILANO – «Questa è la maxi-storia di come la mia vita cambiata, capovolta, sottosopra sia finita…». Se avete letto quelle parole canticchiando, allora è ufficiale: siete cresciuti negli anni ’90 e la sigla di Willy, il principe di Bel-Air è ancora lì, ben fissata nella vostra testa. Inevitabile, visto che stiamo parlando dello show cult che ha lanciato la carriera di Will Smith, riuscendo anche a raccontare uno spaccato dell’America di quegli anni con un linguaggio nuovo e originale. Perfetto per battere in volata i ben più tradizionali Jefferson e Robinson.

Willy, il principe di Bel-Air
Wil Smith con il cast di Willy, il principe di Bel-Air

Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel 1989. Il produttore musicale Benny Medina decide di trasformare la sua vita in una storia per la tv: nato nel ghetto di Los Angeles, il giovane Benny rischia di farsi distruggere dall’anfetamina, ma la sua esistenza cambia, quando fa amicizia con Allen Elliott, un giovane ragazzo bianco di buona famiglia, che lo accoglie nella sua lussuosa casa dalle parti di Beverly Hills. Così Medina ha l’opportunità di riscattarsi e di conoscere Kerry Gordy, l’erede della dinastia che ha reso grande la Motown e che lo avvierà ad una brillante carriera nel mondo della musica.

Willy, il principe di Bel-Air
Foto di gruppo con Quincy Jones sul set di Willy, il principe di Bel-Air

Sapendo che gli ingredienti per il successo ci sono tutti, Medina propone il suo progetto al mitico Quincy Jones, che subito si fa venire un’idea. Perché non scritturare quel tale che fa hip-hop a Filadelfia, conosciuto come The Fresh Prince? Qualche riunione più tardi e Will Smith firma il contratto dentro a una limousine. Si va in scena tre mesi più tardi. Smith e Jones scrivono insieme la sigla della serie Yo Home to Bel Air e lo stesso Will plasma il look del suo personaggio: berretto da indossare rigorosamente storto, vestiti casual dai colori fluo, calzettoni di spugna da portare alti e scarpe da basket per assomigliare ai campioni dell’NBA.

Willy, il principe di Bel-Air
Will Smith insieme alla guest star Hugh Hefner e ai colleghi Karyn Parsons e Alfonso Ribeiro

Quando nella sceneggiatura la famiglia Banks diventa afroamericana – «per esplorare il pregiudizio dei neri sui neri e le differenze fra classi black» spiega Medina – si pensa al resto del cast. James Avery sarà lo zio Philip accompagnato dalla moglie Vivian (Janet Hubert-Whitten, poi sostituita da Daphne Maxwell Reid a causa di pesanti litigi sul set) e dai loro tre figli: Carlton con la passione per la danza (ricordate la #CarltonDance di Alfonso Ribeiro?); Hilary (Karyn Parsons) “Kardashian ante litteram”; e la ribelle Ashley (Tatyana Ali). Con loro c’è anche il compassato maggiordomo Geoffrey (Joseph Marcell).

Willy, il principe di Bel-Air
Il compianto James Avery in scena con Will Smith e Janet Hubert-Whitten

Fin dal suo esordio Willy, il principe di Bel-Air si consacra subito come un vero fenomeno. I ragazzi si rispecchiano nel linguaggio e nello stile di Will Smith, vera star dello show. La sit-com riunisce tutte le famiglie mentre sullo schermo va in scena l’America che cambia, vista attraverso gli occhi di un adolescente che viene dai bassifondi, ama la pallacanestro e Malcolm X. Quell’America, celebrata nei film di Spike Lee, che segue il proprio flow e sogna di conquistare il suo American Dream. Senza rinunciare alla propria identità.

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