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TOP CORN | Perché dovreste assolutamente recuperare BlacKkKlansman

Rabbia, poesia, divertimento, impegno sociale: il film di Spike Lee? Necessario

John David Washington, figlio di Denzel, sul poster di BlacKkKlansman.

MILANO – Bentornato Spike. Lo avevamo visto, negli anni, perdersi tra le nebbie di Miracolo a Sant’Anna e il vuoto di idee del remake di Oldboy, lo ritroviamo, dopo qualche film indipendente e fuori distribuzione (Il sangue di Cristo, Chi-raq), al meglio delle sue forze e della sua poetica. BlacKkKlansman – lo trovate su CHILI – è puro spirito del tempo, quindi è un puro Spike Lee, sarcastico, brillante, arrabbiato, cinefilo vintage orgoglioso della sua cultura black e lucido osservatore di un presente che si riaggancia a un momento storico infuocato, quello degli anni Settanta in un’America spaccata tra il Black Power e le derive razziste del Ku Klux Klan. Ogni riferimento ai movimenti populisti di estrema destra di oggi e al Presidente degli Stati Uniti attuale non è puramente casuale.

Ancora Washington, qui con Adam Driver.

La storia vera di Ron Stallworth (John David Washington, figlio di Denzel), detective nero che s’infiltra nel KKK fingendo al telefono una voce da bianco e mandando in spedizione il collega ebreo interpretato da Adam Driver che si spaccia per lui, è raccontata con toni da commedia poliziesca, tra il buddy e lo spy movie, ed è infarcita di colori e citazioni, umori e musiche che hanno formato la cultura del cineasta afroamericano: dalla blaxploitation a Via col vento, dai primi suoni del funk ai dialoghi screwball, dove gli equivoci e le incomprensioni tipiche della guerra tra i sessi vengono rimodellati genialmente secondo gli archetipi di una guerra tra razze.

Black Power: John David Washington e Laura Harrier.

E allora bravo Spike, perché nonostante la rabbia e l’indignazione, il film scorre con eleganza e leggerezza, indirizzando l’amore per il genere e il divertissement a uno scopo politico e contemporaneo, a dimostrazione che il cinema che vuole soltanto divertire e non far pensare, oggi come oggi, non interessa e non serve a nulla. Fondamentale l’apporto dello score di Terrence Blanchard, fedelissimo di Spike, che accompagna gli eventi con sinuosa e seducente calma. E attenzione perché nella colonna sonora si nasconde un inedito di Prince, Mary Don’t You Weep, uno spiritual di inizio Novecento che il folletto di Minneapolis registrò su cassetta negli anni Ottanta.

  • Volete (ri)vedere BlacKkKlansman? Lo trovate su CHILI
  • Spike Lee: «Ecco la mia America, tra razzismo e speranza…»

Qui potete vedere la nostra intervista a Spike Lee:

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