ROMA – Leslie Rowland è una madre single del Texas che fa sacrifici per tentare di mantenere il figlio James. Vince alla lotteria ma, in pochi anni, dilapida tutto inimicandosi amici e conoscenti, fino a cadere nuovamente in disgrazia, senza più nessuno su cui contare, nemmeno su suo figlio ormai adulto. Decide allora di tornare nel suo paese d’origine, dove non ha più alcun contatto. Qui incontra Sweeney, un uomo solitario che gestisce un motel e che sembra volerle dare quella seconda opportunità che tutti gli altri, finora, le hanno negato. Parte da qui To Leslie, miracoloso esordio alla regia di Michael Morris dopo tanta gavetta televisiva, presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma nel concorso parallelo di Alice nella Città e al cinema dal 22 febbraio grazie ad Altre Storie e Minerva Pictures.
Girato in appena diciotto giorni, tutto su pellicola 35mm su volontà di Morris in cerca di quella da lui definita come: «La consistenza, la grinta che solo la grana della pellicola avrebbe potuto darmi. Non stavo cercando di realizzare un film nello spirito degli anni Settanta, ma sapevo che quel tipo di atmosfera avrebbe portato qualcosa in più al film. Non volevo falsa grana per il film, volevo essere radicato in un look più americano», la narrazione di To Leslie è tutta incentrata su un disilluso sogno americano fatto di assenza di fortuna, cadute, risalite, incisive componenti dialogiche e piccoli frammenti poetici di regia intima che raccontano di una vita disperata, giunta al capolinea, a cui viene regalata un’ultima occasione di riscatto e serenità. Al centro della scena una straordinaria Andrea Riseborough a cui Morris consegna un personaggio da leggenda.
La sua Leslie – perfetto incrocio caratteriale tra il Don Birnam di Ray Milland in Giorni perduti e il Ben Sanderson di Nicolas Cage in Via da Las Vegas – è un buco nero di autodistruzione: deviante, patologicamente bugiarda, inaffidabile, respingente eppure in cerca d’amore, calamita di dolore e violenza. Un’anima fragile lubrificata da pinte di birra e lacerata dai sensi di colpa di un figlio abbandonato che l’ha rinnegata, una bancarotta e una grande fortuna sprecata, resa memorabile da una Riseborough in stato di grazia. Ogni grammo di esperienza, ogni centesimo di talento dell’intensa interprete britannica vanno al servizio di un agente scenico che appare problematico, luminoso, tenace, voglioso di riscatto ma soprattutto di vita. Accanto a lei un cast di assoluto livello formato da Allison Janney, Andre Royo, Owen Teague e Stephen Root.
Ma soprattutto l’ex-Glow Marc Maron a cui Morris regala un personaggio straordinario da immortalità artistica. Sweeney: il perfetto contraltare di Leslie. Un uomo che ha visto ogni piano, ogni cosa buona saputa costruire nella sua vita, andare in fumo, sgretolata dal dolore e dall’egoismo altrui. E nonostante tutto Sweeney ha scelto di non darla vinta al mondo, di mantenere intatta la voglia di stupirsi, di sognare, di esserci per gli altri e di aprirsi ancora all’amore. Un piccolo-ma-grande film To Leslie su cui però, negli ultimi mesi, si è parlato più per vicende extra-schermo che non per meriti artistici. La grande performance della Riseborough ha finito con il capitalizzare l’attenzione generale intorno al film, arrivando sino a una meritata nomination agli Oscar 2023 nella categoria Miglior Attrice Protagonista presto diventata un caso mediatico.
La casa produttrice del film, la Momentum Pictures, non ha finanziato una vera e propria campagna di promozione per la candidatura, scegliendo invece di lavorare a fari spenti usando come uniche armi il passaparola e il sostegno del jet-set hollywoodiano. E così è stato. Questo ha portato ad accuse di lobbismo verso i votanti dell’Academy da parte della stampa internazionale e un’indagine interna della stessa Academy che ha portato a un nulla di fatto. Nulla, in ogni caso, che possa realmente incidere sul retaggio di To Leslie. Una piccola gemma di cinema d’autore contemporaneo, senza tempo e fuori dal tempo, che più che raccontare del dolore dei sogni infranti, ci ricorda del valore dell’empatia e di come a volte, nella vita, anche non avere un piano può essere un buon piano.
- PREVIEW | Il ragazzo e l’airone, il nuovo miracolo di Hayao Miyazaki
- OPINIONI | La Zona d’Interesse, Jonathan Glazer e il valore della memoria
- VIDEO | Qui per il trailer di To Leslie
Lascia un Commento