ROMA – «I’ll be back», recita enfaticamente Sarah Connor, appena entra in scena, ventisette anni dopo la distruzione della Cyberdyne System. Perché, come annunciato dallo stesso (qui produttore) James Cameron, Terminator: Destino Oscuro, ignora (e finalmente cancella) i bislacchi sequel arrivati successivamente a quel capolavoro sci-fi che fu Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio. Dove si incontravano l’action puro e fantascientifico ad una narrazione drammatica e totalizzante, nel quale Cameron mischiava la paura (per fortuna scampata) del nucleare all’imminente futuro dominato dalle macchine.
Oggi, quel futuro prossiomo, in qualche modo, è arrivato. E così come fu nel 1991, va difeso da una minaccia incombente, ritornata indietro nel tempo sotto forma di un nuovo Terminator, il Rev 9 (Gabriel Luna), incaricato da Skynet di eliminare la giovane Dani Ramos, miccia che avrebbe potuto scongiurare un apocalittico 2047. Ecco, quindi, che nel nuovo capitolo diretto da Tim Miller – e dovrebbe essere l’ultimo della trilogia – il passato e il presente si rincontrano a metà strada, tra nuovi personaggi e (grandi) ritorni. Ed è un sequel contemporaneo, Destino Oscuro, perché, pur mantenendo fede alla saga e ai temi di Terminator, nelle due ore piene si riscrive il senso della salvezza, della redenzione e della speranza.
La figura del messia John Connor, senza anticiparvi nulla, viene rivista totalmente, attualizzando l’idea di un’alba in pericolo salvata dalla forza di tre donne, appartenenti a piani temporali diversi. Sarah (Linda Hamilton, che torna nel suo ruolo cult), Dani (Natalia Reyes) e Grace (Mackenzie Davis). Tre guerriere diverse ma uguali, che condividono lo stesso destino di essere parte fondamentale di una lotta che, scavando a fondo, combatte le macchine e le divisioni. Allora, non è certo un caso che T-800 aka Arnold Schwarzenegger (nobile e malinconico) sia da scovare in Texas, al di là di quel muro e di quei campi di prigionia in cui vengono stipati gli immigrati clandestini messicani come Dani Ramos.
Parentesi politica – e di per sé, il franchise di Terminator è un’accusa ad un mondo stereotipato dominato dalla paura e dai robot creati dall’uomo – che va a cavalcare il messaggio totale di Destino Oscuro. Allora, Tim Miller ci dice che la salvezza umana è donna. E il domani (del cinema) è delle donne. Toste e vulnerabili, caparbie e coraggiose, in un intreccio di archetipi narrativi scritto tenendo ben visibile l’anima e il corpo. Che sia fatto di metallo e ingranaggi o che sia di carne e di ossa. Così, la fine di Terminator è arrivata, pronta ad aprirsi su un nuovo inizio che, finalmente, non teme l’arrivo di un futuro mai così vicino.
Qui potete vedere la nostra intervista a Mackenzie Davis e Gabriel Luna:
Lascia un Commento