ROMA – Dopo la misteriosa scomparsa della propria bambina, la giovane coppia formata da Junyang e Peiying inizia a ricevere strani video, scoprendo che qualcuno, il signor Lao Wu, ha ripreso la loro vita quotidiana, persino i momenti più intimi. La polizia mette la casa sotto sorveglianza per catturare il voyeur, ma la famiglia comincia a sgretolarsi, man mano che i segreti vengono alla luce sotto lo sguardo incessante di occhi che li osservano da ogni angolo. Stranger Eyes – Sguardi Nascosti di Yeo Siew Hua con protagonisti di Wu Chien-Ho, Lee Kang-Sheng, Anicca Panna, dal 14 novembre al cinema con Europictures dopo il passaggio in concorso a Venezia 81 dove ha saputo stupire il mondo come pochi altri.
Un film che parte da una suggestione avuta da Yeo, un giorno: «Al parco una volta ho visto un uomo. Era anziano, dall’aspetto ordinario. Mentre lo fissavo, ho iniziato a crearci attorno una storia. Ho capito più tardi che stavo proiettando su quest’uomo anziano le mie aspirazioni, arrivando a considerare che poteva essere un riflesso di me stesso. Ero incuriosito dall’emozione di dare segretamente forma a questa storia, quando ho notato le telecamere di sorveglianza tutto intorno a me. Ero stato osservato tutto il tempo. C’è sempre qualcuno che guarda. Dopo la pandemia il dibattito sulla sorveglianza a Singapore si è silenziosamente spostato dalle preoccupazioni sulle libertà individuali alle discussioni sulle responsabilità sociali. Cosa significa esistere come mera immagine da percepire?».
Il che ci porta al legame con la base narrativa di Stranger Eyes, il controllo, le immagini, gli sguardi: «In un piccolo stato insulare come Singapore, dove non c’è via d’uscita dalla rete di sorveglianza, osservare ed essere osservati diventa un rituale quotidiano. Con un’elevata densità di popolazione e una sorveglianza pervasiva, il moderno paesaggio urbano ci trasforma in testimoni involontari delle vite degli altri, con tutte le conseguenze del caso. Ancora più affascinante è chiedersi in che modo osservare gli altri rifletta le nostre azioni e le percezioni di noi stessi. Dopotutto non possiamo cancellare ciò che abbiamo visto. Stranger Eyes riflette su queste domande e sull’interazione tra vedere e essere visti» dice Yeo al riguardo, ed è su questa dialettica serrata che viene costruito il racconto.
Perché in un’epoca in cui il senso di connessione ci fa vivere con la consapevolezza di essere costantemente osservati – sui social come sulla necessità etica di sicurezza – questo finisce con il plasmare l’individuo nel suo percorso identitario riflettendone l’immagine come su di uno specchio. Stranger Days vede Yeo ragionare proprio sulle immagini doppiate. Su ciò che rappresenta il nostro Io interiore fatto di subconscio, nevrosi, emozioni e pulsioni e quello esteriore che si espone nel mondo nel suo ruolo sociale. Lo sguardo della cinepresa – spesso assimilato all’occhio del voyeur Wu – li mette in relazione e contrasto tra loro, svelandone l’identità nelle sue componenti più intime per poi destrutturarle progressivamente.
E quindi la crisi dell’unità familiare e dei singoli in un’opera feroce che parte da una perdita difficile per scavare ancora più in profondità disegnando un poema filmico sul volere del caso, la forza del destino, i legami inscindibili che solo l’amore sa rendere tali e le occasioni mancate della vita di ognuno. Un film di osservazioni, Stranger Eyes, di occhi esterni e dei nostri, a metà tra Niente da Nascondere di Michael Haneke (di cui rievoca in parte l’espediente drammaturgico) e La Finestra Sul Cortile di Alfred Hitchcock (nel voyeurismo di sguardo), con in più quel tipico tocco orientale dal linguaggio filmico elaborato e stratificato, che finisce con il renderlo una visione imperdibile dell’autunno cinematografico.
- HOT CORN TV | Stranger Eyes, qui il trailer:
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