ROMA – «Quando una persona si riduce come te è indiscutibile che si confonda la vita reale con quella immaginaria». Questa è forse l’essenza di Semaforo rosso, primo lavoro del regista palermitano Guglielmo Brancato finanziato da una raccolta fondi di Arte Atelier e co-prodotto e distribuito da Marte Studios. Un dramma psicologico nella Sicilia di oggi, girato interamente a Palermo e provincia. Una Palermo però lontana dai soliti stereotipi e dal solito folklore. Una città non più emblema di mafia o criminalità, ma set ideale per un racconto al limite tra reale e onirico, che offre insomma una nuova identità visiva.
Il titolo del film trae origini da una riflessione dello stesso Brancato: «Il semaforo diventa metafora, un luogo astratto dove si sperimenta la noia e l’attesa». E da una esperienza personale, fermo un giorno davanti ad un semaforo, il regista decide che la pausa va affrontata, la noia vissuta con consapevolezza. In quel semaforo nasce l’idea del film, un lavoro su un amore finito che richiede una pausa, perché non affrontando le pause si rischia la morte interiore. Affrontare e sviscerare il dolore quindi, riflettere sul lungo termine e non sfuggire. Semaforo rosso è la storia di un suicida, Enea (Paolo Catalano), e il dramma psicologico sulle ragioni che lo spingono a questa scelta.
Enea è uno studente universitario che ha perso entrambi i genitori e va a vivere nella casa di Maria, sua fidanzata dai tempi del liceo. Maria (Federica Palmeri) però, forte dell’ospitalità che gli offre, sottomette psicologicamente Enea costringendolo a rispettare rigidamente i suoi valori. Il centro del malessere di Enea – e con esso dello stesso Semaforo rosso – è la relazione tossica con Maria, una relazione in cui si mescolano le finte emozioni quotidiane dello studente e quelle vere che al contrario deve castrare come ad esempio l’amore per Nadia (Cecilia Minutoli) una ragazza che incontra sul treno ogni mattina. Enea vive allora in costante confusione tra sogno e realtà.
Fino a mettere in discussione il concetto di libertà, sentendosi schiacciato dalla pressione sociale e non riuscendo più ad immaginare un mondo diverso dal presente. Un po’ alla maniera di Carlito’s Way nella sua traccia narrativa, Semaforo rosso volge lo sguardo in quell’intervallo di tempo in cui il cuore smette di battere ma il cervello è ancora attivo. Fino all’ultima scena non è mai chiaro allo spettatore come possa evolvere il percorso di Enea. Una spirale di delirio in cui Brancato si adatta alla perfezione utilizzando i movimenti della macchina da presa per svelare o nascondere dettagli importanti per consentire di orientarsi tra sogno e realtà. Ed anche la luce naturale che viene creata nella pellicola rende ancora più difficile orientarsi tra finzione e realtà.
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- VIDEO | Qui per il trailer di Semaforo rosso
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