MILANO – Genio e originalità al potere. Dopo un lungo viaggio nel 2020, da Cannes a Milano e ritorno, poi smarritosi dalla sala e quindi ritrovatosi, arriva finalmente in streaming Diamantino – Il calciatore più forte del mondo, che non è solo un film sul calcio, ma un’autentica follia visiva e narrativa, un’opera del tutto inetichettabile. Il film, diretto dal portoghese Gabriel Abrantes e dall’americano Daniel Schmidt, si concentra sulla fortunata carriera calcistica di Diamantino Matamouros, un fuoriclasse portoghese inventato, ma chiaramente ispirato a Cristiano Ronaldo, per stile e faccia. Ma – lo diciamo subito – si fermi subito qui a leggere chi crede che si possa trattare di una biografia del fuoriclasse di Madeira. Niente di più falso, niente di più lontano dal vero.
Perché Diamantino è un cocktail esplosivo capace di mescolare molto cinema diverso. Qui potete vedere genere sportivo, spy-movie, deliri fantascientifici, impegno civile tradotto in tematiche calde e attualissime come i populismi di estrema destra in Europa e USA, i flussi migratori, la manipolazione genetica e l’omosessualità in ambito calcistico. E molto altro ancora. Possibile? Sì. Ma andiamo con ordine, se possibile: tutto ha inizio quando il campione protagonista del film, interpretato da Carloto Cotta (uno dei migliori attori emergenti portoghesi), smarrisce il suo talento quando deve tirare il rigore decisivo per la vittoria dei Mondiali.
Dopo l’errore e la conseguente sconfitta del Portogallo, si trova abbandonato dai tifosi e dai suoi cari e cade in una spirale di depressione e sconforto. Fino qui tutto bene, no? Ecco, da ora in poi è difficile pensare a un’evoluzione della storia più folle e allucinata: Diamantino si farà coinvolgere da una nazi-criminale che vuole replicare i suoi geni perfetti da bomber per trasferirli in dieci cloni componendo così la squadra di calcio più forte di tutti i tempi (!). Ma soprattutto finirà per adottare un rifugiato che lo aiuterà a ripensare in meglio la propria vita trascorsa tra gli aspetti vanesi e superficiali di una quotidianità all’apparenza gratificante, ma in realtà solitaria e infelice.
Attenzione però a non pensare a questa autentica stravaganza come a un cinema moralistico e politicamente indignato e ricattatorio: sarebbe un errore considerare Abrantes e Schmidt come due autori militanti, perché l’irriverenza di fondo, il gusto per l’assurdo e la commistione sgangherata ma liberissima dei diversi generi non può essere conchiusa nelle gabbie di un pubblico elitario e selezionato. Folle, lisergico, fuori dagli schemi. Da non perdere.
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