ROMA – Ovviamente no, l’Otello di Shakespeare non ha certo bisogno di essere raccontato da noi. Ha solo bisogno di essere riletto esattamente com’è stato scritto, con la sola forza del dialetto a riportarlo al presente per non perderlo nella trasposizione. Iago, Otello, Desdemona sono purtroppo ancora tra noi. La cronaca attraverso un grande classico. Ambientata nei primi anni 2000, Non Sono Quello Che Sono è una storia senza tempo in cui il bene e il male si mescolano in un vortice di inganni, tradimenti e folle gelosia con protagonisti della scena Jawad Moraqib, Ambrosia Caldarelli, Antonia Truppo, Matteo Olivetti, Michael Schermi e lo stesso Edoardo Leo sia dietro che davanti alla macchina da presa.
Un film personalissimo per Leo, la sua decima regia accreditata, ma la prima in termini spirituali. Perché Non sono quello che sono è il progetto rincorso da tutta una vita per il regista-e-attore romano: «L’idea di lavorare all’Otello di Shakespeare nasce quindici anni fa da un articolo letto su un quotidiano. Un uomo, accecato da una folle gelosia, uccide sua moglie e poi si suicida. È allo stesso tempo la sinossi di una delle opere teatrali più famose nel mondo e triste cronaca dei nostri giorni. Da lì è partita una lunga ricerca per pensare un adattamento contemporaneo che fosse il più possibile rispettoso dell’originale».
Da qui la scelta della lingua usata in Non sono quello che sono – il dialetto – con cui restituire l’essenza della parola del Bardo: «Dal confronto tra le numerose traduzioni italiane della tragedia, fatte in epoche diverse, è maturata la convinzione che per restituire la ‘parola’ di Shakespeare, il dialetto (romano e napoletano) fosse paradossalmente il più vicino a rappresentare la forza di quel linguaggio. Un lavoro di traduzione che è durato molti anni e mi ha permesso di filmare Otello senza ‘toccare’ il testo che è stato, tranne per i tagli necessari, integralmente riportato».
Il che ci porta quindi alle ragioni dell’adattamento dell’Otello e con lui della sua incredibile attualità: «Razzismo, violenza, invidia sociale, maschilismo, femminicidio, un’indagine sul male di una modernità sconcertante per una drammaturgia che ha più di quattrocento anni. Racchiusa nella frase di Iago che più di tutte suggerisce la profondità dell’analisi psicologica che questo testo opera sui suoi personaggi e ancora su di noi indagando nelle nostre contraddizioni. E che dà il titolo a questo film: Non sono quello che sono». È tutto già lì, nelle parole del Bardo, e con loro ciò che emerge tra le pieghe di quei scambi dialogici e di azioni.
Una storia che è amore prima e dolore straziante poi, passata alla storia come La Tragedia di Otello ma che oggi probabilmente conosceremmo come La Tragedia di Desdemona. È lei la vittima, lei l’anima pura a cui è stato strappato il soffio vitale. E a tal proposito, non ha nulla da invidiare la Desdemona di una intensa e piena di grazia Caldarelli al suo (quasi) debutto sul grande schermo dopo Space Monkeys alle grandi Desdemone della storia del cinema. Altri tempi, altri registri filmici, ma c’è una purezza invidiabile nelle corde della sua recitazione in Non sono quello che sono.
Ma non solo lei, il machiavellico Iago dà del filo da torcere a tutti e allo stesso Leo che vi viaggia a suo agio nell’avvincente e inedita sfida caratteriale. Così come l’Otello di Moraqib: esplosivo, folle, caotico, disperato e freddo. Nel mezzo qualche licenza artistica e un impianto teatrale qui ravvivato dalla scelta di Leo di muoversi tra le pieghe del testo shakespeariano dando immagini là dove il Bardo lasciava vuoti cognitivi e spazi asettici qui resi in non-luoghi di un recente – ma astratto e privo di specifici rimandi – passato romano. Un film da non perdere, Non sono quello che sono, coraggioso e audace, da vedere, ma soprattutto da capire.
- HOT CORN TV | Edoardo Leo e Ambrosia Caldarelli raccontano il film:
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