LOCARNO – In concorso per la sezione cineasti del presente la sorpresa di questa 77ma edizione del Festival di Locarno è l’ultimo gioiello della regista romana Adele Tulli, Real. Reale e virtuale si mescolano, giocano tra di loro, fondendosi e distaccandosi, accomunati però dalla concreta concezione che oggi l’uno e parte integrante dell’altro. A dirlo è lo stesso brano di De Simone quando una giovane asiatica balla per strada un passo della breakdancing, sola e osservata soltanto – distrattamente – da un lavoratore in pausa pranzo: ‘’Tu lo sai che ti conviene finger di non sapere. Che il mondo è verticale e vai giù. Insieme alla tua tempra morale’’.
Nel panorama odierno, i dispositivi digitali non rappresentano più semplici strumenti di utilità quotidiana, ma si configurano come portali verso dimensioni aumentate, universi in costante espansione, che attraversiamo con un’intuitiva naturalezza. Real di Adele Tulli si prefigge l’ambizioso compito di sondare questi nuovi territori, interrogandosi su come la nostra percezione del mondo, e di noi stessi, si sia trasformata con l’avvento dell’era digitale. Porre domande, non dare risposte.
Il lungo dell’autrice romana si dipana attraverso una serie di narrazioni globali, offrendo un mosaico di esistenze in cui il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale diviene sempre più evanescente. La regista non si limita a mostrarci quanto tempo trascorriamo immersi in ambienti digitali, ma ci invita a riflettere sulla sostanza stessa della “realtà” nel contesto contemporaneo. Un tempo, la nostra esistenza trovava radici in oggetti concreti e relazioni corporee; oggi, tale percezione è stata profondamente scossa dall’inarrestabile avanzata del digitale. Il docufilm si distingue per uno stile visivo che sconfina nel fantascientifico, creando un’esperienza sensoriale e intellettuale che trascende il mero reportage. ‘’Per me il documentario – ha detto Adele Tulli a The Hot Corn – non è mai sola rappresentazione della realtà, ma (anche) un modo per interpretarla, ragionarla e sollevare delle riflessioni critiche. C’è comunque per me sempre un grande lavoro sull’immagine e sul linguaggio visivo in questo genere. Qui volevo giocare con i dispositivi digitali che ci circondano. E anche loro hanno degli sguardi, ci osservano, ci monitorano, sono intorno a noi.
Tra un continuo interscambiarsi di soggettiva e oggettiva, e un sapiente montaggio che ci porta ad essere prima protagonisti, poi spettatori, poi entrambi contemporaneamente il film cattura la molteplicità delle sfaccettature di una vita vissuta in un mondo iperconnesso, dove relazioni, lavoro e persino l’intimità si sviluppano sempre più frequentemente attraverso piattaforme virtuali. I protagonisti del film, siano essi umani, robotici o virtuali, attraversano scenari futuristici in cui le abitazioni sono automatizzate, le città digitalizzate, e le relazioni umane mediate da schermi e algoritmi.
L’ultima – non per importanza – abilità della Tulli è quella di riuscire ad evitare la trappole di un semplice manifesto anti-tecnologico, distaccandosi da uno schieramento autoscale ed optando per una narrazione che incarna la complessità e le contraddizioni del nostro presente digitale. Real non offre (e non deve offrire) risposte definitive, ma piuttosto solleva interrogativi cruciali su cosa significhi essere umani oggi, in un mondo in cui il contatto fisico è sempre più raro e la presenza virtuale sempre più pervasiva. E per questo il docufilm è stato girato in contesti tanto materiali quanto virtuali, dalla nave posacavi in Grecia al data center in Portogallo. Un futuro che è già qui, un documentario potente e – mai come adesso – necessario.
- HOT CORN TV | Adele Tulli racconta, qui, il film:
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