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L’opinione | Perché Avengers: Endgame è già un film fondamentale

Record di visualizzazioni per il primo trailer. Il motivo? Oggi, c’è bisogno di speranza, anche al cinema

Addio, au revoir, adiós, goodbye. La fine, irreversibile, sta arrivando. Ma, la fine, in fondo, altro non è che parte del viaggio. Un viaggio lungo dieci anni, che ha saputo cambiare il concetto di cinema, di serialità, di intrattenimento. Lo aspettavano tutti, da quel fatidico schiocco di dita alla fine di Infinity War, e il giro di pianoforte di Alan Silvestri sui titoli di coda. Ora è davvero realtà, le prime immagini di Avengers: Endgame, sono arrivate dopo il teaser trailer di qualche mese fa, in un tripudio di rimbalzi, ipotesi, analisi di quello che può o non può succedere a quegli heroes che hanno segnato la cinematografia mondiale. Perché, che piaccio o no, il concetto di cinecomics, è il cinema su cui si basa il contemporaneo.

Essere o non essere.

Perché anche questo è cinema, vero e indisipensabile, ad alimentare quel bagaglio di sogni ed emozioni che ci rendono umani. Com’è stato per il western degli Anni Sessanta, come è stato il ribelle nei Settanta, com’è stato l’intimismo degli Ottanta, com’è stato il dramma dei Novanta. Oggi, ci sono gli eroi. Simbolo di speranza per eccellenza. E non è un caso che ad aprire il primo trailer – mentre scriviamo le visualizzazioni su YouTube segnano ventotto milioni – c’è Tony Stark, a parlare alla maschera del suo Iron Man come fosse una sorta di Amleto. Essere o non essere. Il punto, per quegli eroi che ci fanno sentire utopicamente un po’ più al sicuro, sta proprio qui: scegliere da che parte stare, sacrificare se stessi per il bene comune, illudere e illudersi che domani il mondo sia un posto migliore.

Preparate i fazzoletti.

Un certo cinema di cui adesso c’è bisogno, a riflesso di quel tempo avvolto dall’oscurità e dall’odio. Perché, in fondo, l’arte in generale altro non è che l’equazione di ciò che avviene al di là del confine, dove l’immaginazione incontra la realtà. Una realtà che invoca disperatamente un supereroe. “This is going to work, Steve”, dice Natasha Romanoff a Steve Rogers, che le risponde “I know it is. Because I don’t know what I’m going to do if it doesn’t”. Ecco, nessuno può saperlo, nemmeno Captain America, Tony Stark o Bruce Banner. Così, Avengers: Endgame, ancora prima dell’uscita (24 aprile 2019), è già un film fondamentale, in grado di far credere ardentemente in qualcosa milioni e milioni di persone, sparse in ogni angolo del mondo, riunite per due minuti e mezzo davanti ad uno schermo, preparando il cuore per il giro di giostra finale. Altro che cinema, questa si chiama speranza.

Qui, il trailer di Avengers: Endgame

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