ROMA – «Non è che non ci fossero donne, ma lei era diversa. Su di lei si costruivano i personaggi». Basterebbe questa frase di Ettore Scola per capire la grandezza dell’artista dietro la donna. Adesso un libro, titolato semplicemente con il suo nome e firmato da Cristina Borsatti, una brava giornalista e sceneggiatrice, racconta nuovamente il mito Monica Vitti in una riedizione aggiornata ed edita da Giunti (la trovate qui), con una nuova veste grafica, un ricco inserto fotografico e l’aggiunta di nuovi contenuti. Così abbiamo chiesto all’autrice un punto di vista sulla Vitti e due film – in mezzo ai molti – da (ri)scoprire.

L’UNICITÀ – «Perché Monica Vitti era unica? Ma perché è sempre stata diversa dalle altre. Bella eppure capace di strappare grasse risate. Non convenzionale anche nell’aspetto. Nordica e filiforme, in un’epoca in cui andavano di moda le maggiorate. È stata unica anche la sua voce, una voce roca che pareva un problema ad inizio carriera. Monica Vitti è stata unica perché è stata la più anticonvenzionale, la più moderna fra tutte le attrici della sua generazione. Unica, infine, perché accessibile, come sono stati Alberto Sordi, Gigi Proietti, Carlo Verdone e pochi altri grandi interpreti, che il pubblico l’hanno fatto sempre sentire a casa…».

IL FILM – «Il mio film preferito? Dico Polvere di stelle di Alberto Sordi. L’ho visto da bambina e mi è rimasto sempre nel cuore nel corso degli anni. Monica Vitti e Alberto Sordi insieme fanno scintille, non è un caso se nel 1995, quando hanno ricevuto il Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra di Venezia, si sono messi a ballare e a cantare proprio il più celebre pezzo di questo film».
LA MODERNITÀ – «Beh, nonostante la tanto declamata modernità del presente, la verità è che per la maggior parte delle donne è ancora oggi difficile ritagliarsi un posto di primo piano, e farlo attraverso le proprie capacità. Monica Vitti non si è mai piegata, ha tenuto testa ai nostri migliori attori, perlopiù tutti uomini. E lo ha fatto con grande intelligenza. Credo che anche oggi questo aspetto della sua carriera sia qualcosa di estremamente moderno…».

L’ALTRO FILM – «Si intitola Io so che tu sai che io so, è un titolo meno celebrato ma che consiglio proprio per questo. Ancora una volta porta la firma di Alberto Sordi. È un film del 1982 in cui si ride, ma si ride davvero storto. La Vitti e Sordi sono una coppia in crisi, hanno una figlia tossicodipendente eppure mantengono una facciata di normalità. Davvero una pellicola molto amara, che un po’ ci riguarda tutti».

LA SCENA – «Le botte, come dimenticare le botte. Quelle prese da Marcello Mastroianni in una spiaggia ricolma di rifiuti nel Dramma della gelosia di Ettore Scola, sfondo ideale di un amore disperato e destinato a finire in tragedia. E pensare che a prenderle era la sua controfigura Fiorella Mannoia. Non sono state le prime, ma neppure le ultime. Tutte indimenticabili. Perché quella scena? Perché lì Monica Vitti riesce a farci ridere e a farci piangere nello stesso istante, come solo i più grandi hanno saputo fare».
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