ROMA – Almaz è una donna eritrea, spietata trafficante di esseri umani, nota con il nome di Madame Luna. Quando il regime in Libia cade, è costretta a fuggire e intraprendere anche lei il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo. Sbarcata in Italia, inizia dopo poco a collaborare con un’organizzazione criminale che specula illegalmente sul sistema dell’accoglienza. La scalata verso il potere sembra compiuta ma, l’incontro con la giovane Eli, la costringerà a fare i conti con le ombre del suo passato, per scegliere, ancora una volta, da che parte stare. È possibile redimersi dal male? Madame Luna, un film di Daniel Espinosa, con Meninet Abraha Teferi, Hilyam Weldemichael, Claudia Potenza, Emanuele Vicorito e Luca Massaro, dal 18 luglio al cinema con Europictures.
Un’anomalia filmica, Madame Luna, perlomeno se rapportata a quella che è stata, finora, la produzione cinematografica di Daniel Espinosa: Safe House, Child 44, Life, lo (s)cult Morbius. Due anni dopo, assieme a Suha Arraf (Il giardino di Limoni) e Maurizio Braucci (Gomorra), ecco un’opera diversa, intimista, lucida, poetica ma anche profondamente realistica che mette in rapporto la natura umana con il concetto di moralità: «Per me Madame Luna è un film su come il carnefice diventa vittima egli stesso e l’idea che Almaz fosse una donna così vicina al male ha reso la storia molto più interessante. Il concetto di essere umano nobile è puramente borghese. Se provieni da circostanze difficili devi emergere dalle lacune dell’inferno».
Un film di redenzione ma senza redenzione, Madame Luna, di potere senza potere, di umanità necessaria a sopravvivere e del sacrificio come unica scelta. Questa è la carnefice (dis)umana Almaz di una Meninet Abraha Teferi semplicemente straordinaria dallo sguardo truce di crudeltà anestetizzata da un’anima spezzata, eppure in cerca di un’occasione di redenzione con cui provare a cancellare il proprio passato. Espinosa costruisce tutto su di lei in immagini – perlopiù semi-soggettive – dal respiro corto e claustrofobico con cui enfatizzare l’immediatezza, l’immersione e il sovraccarico sensoriale-tematico. Con lei la giovane Eli (una grande Hilyam Weldemichael) disposta a tutto per portare in Italia il fratello, mossa d’amore e vendetta ragionata.
Perché, e lo diciamo da subito, c’è un finale in Madame Luna che non vi spoileremo in nessun modo, ma che nella sua essenza filmica non solo dimostra la maturità artistica di un Espinosa libero da catene commerciali e finalmente in grado di sperimentare e raccontare la sua idea di cinema, ma anche l’importanza del non-detto cinematografico. Immagini pure a cui basta il montaggio perché si crei narrazione e vita. Quindi il realismo, il potere, ma soprattutto la tematica migratoria, il business della solidarietà e come queste si leghino indissolubilmente alla corruzione d’animo degli uomini. In tal senso, se in Almaz c’è speranza di dolorosa redenzione, lo stesso non può dirsi per Nunzia (Claudia Potenza) e Pino (Emanuele Vicorito).
Entrambi – così come tutto lo staff del Centro Accoglienza delle coste calabresi – talmente ingolfati e putrefatti di benessere sulla pelle dei più deboli, da non poterne più uscire se non con il sangue. Madame Luna, arrivato quasi in punta di piedi nella finestra distributiva estiva, eppure fondamentale. Un film da analizzare, da capire e infine da elaborare, che getta luce su un lato del mondo di cui si parla tanto ma di cui forse si vuole sapere veramente (molto) poco.
- HOT CORN TV | Claudia Potenza racconta il film all’Hot Corner
- HOT CORN TV | Qui il trailer di Madame Luna:
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