MILANO – C’è stato un tempo in cui adoravamo Johnny Depp. Nessuno più di lui ha rappresentato la figura dell’artista maudit, l’attore bello e maledetto, autoironico e anticonformista, che sceglie di lavorare soltanto per autori liberi, visionari e alternativi, mai banali, lontano dai soldi e dagli incassi a tutti i costi: dall’esordio di Nightmare targato Wes Craven fino al Tim Burton di Edward mani di forbice e Ed Wood (quando le allucinazioni del regista erano ancora il frutto di un genio anarchico, bei tempi), dall’Emir Kusturica di quell’adorabile stravaganza di Arizona Dream al Jim Jarmusch di Dead Man, capolavoro lisergico e nichilista dove Johnny è un contabile in fuga verso la morte.
Ma non solo: Depp recita anche in uno dei thriller più sottovalutati e adrenalinici degli anni Novanta, Minuti contati di John Badham, in cui è un padre che ha soltanto un’ora e mezzo di tempo per salvare la figlia e uccidere un politico. Girato in tempo reale, ancora oggi è un gioiello che non lascia tregua. E si è sempre parlato troppo poco del suo unico film da regista, Il coraggioso, opera imperfetta ma affascinante, mentre è nelle collezioni di tutti gli amanti dei gangster movie il suo Donnie Brasco, a fianco di un Al Pacino dolente e crepuscolare: la storia di un doppio gioco criminale che assomiglia troppo a un rapporto genitoriale, dove affetto e inganno non possono coesistere. Era il 1997.
Mancano ancora due degli apici della prima parte della carriera dell’attore del Kentucky: Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam, stracult sotto acido e nostalgico, che attesta la fine di un’epoca di ribellioni e trasgressioni; e un grande film, poco fortunato negli Stati Uniti, cioè La vera storia di Jack lo squartatore, ritratto decadente e misterioso di un ispettore vittima dell’oppio e dei propri demoni nella Whitechapel londinese di fine Ottocento. Lo sappiamo, poi è arrivato Jack Sparrow e niente è stato più come prima: l’icona rock’n’roll si è trasformata nel pirata disneyano e rassicurante, idolo di famiglie e bambini, anche se non dimentichiamo un altro cult come Blow.
Niente di male, ci mancherebbe, ma da quel momento, saranno soprattutto personaggi sopra le righe e caricature da blockbuster, lontano dal mondo in cui lo avevamo conosciuto: Willy Wonka, Sweeney Todd, il Cappellaio Matto, ma anche sontuosi flop commerciali come The Lone Ranger e Mortdecai. Eppure, qualche eccezione si può individuare anche in questa fase tanto mainstream e poco autentica: l’elegante criminale John Dillinger di Nemico pubblico, seguito a vista da un signore come Michael Mann, è un tuffo al cuore che commuove e arriva nei minuti di recupero («Dì a Billie da parte mia: bye bye, Blackbird»), quando tutto sembra ormai fasullo e perduto.
Poi accontentiamoci delle briciole: il Whitey di Black Mass è un cattivo sgradevole e lascia il segno (e meritava la nomination all’Oscar), il detective Guy Lapointe di Tusk e Yoga Hosers (lo trovate in streaming qui) è una follia dall’umorismo grottesco, City of Lies purtroppo un altro passo falso, mentre aspettiamo ancora con grande curiosità il suo Minamata, di cui vi avevamo parlato qui. Tra amori finiti male (ma attenzione perché è tutto da scrivere, ricordate quello che disse l’assistente di Amber Heard) e la Warner Bros che lo butta fuori da Animali fantastici, sono spuntate anche fake news come quella di Netflix che ha cancellato i suoi film dalla piattaforma americana (notizia falsa) e che certo non fanno bene al suo mito danneggiato. E allora forza Johnny, noi ti aspettiamo e ti vorremo sempre bene lo stesso.
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