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Tra Tim Burton e Anomalisa | Il futuro dell’animazione? Si chiama Lucia Bulgheroni

Un’italiana, un cortometraggio sorprendente e un futuro luminoso: alla scoperta di un talento

Tra Platone e Charlie Kaufman: Lucia Bulgheroni.

MILANO – Il futuro dell’animazione? Ha i capelli rossi e gli occhi grandi di una ragazza italiana che si chiama Lucia Bulgheroni, cita Platone e Tim Burton e ha le idee molto chiare. Nata a Varese e laureata alla National Film & Television School di Londra, Lucia ha già incantato Cannes con un corto in stop motion, Inanimate, vincitore di Cinéfondation, oltre che trionfatore al Future Film Festival di Bologna. Nove minuti folgoranti, visti anche al Milano Film Festival, nove minuti in cui la protagonista inizia all’improvviso a percepire la realtà diversamente da come la vedeva tutti i giorni, rendendosi conto di vivere in un mondo fittizio dove le persone intorno a lei sono pupazzi. «La passione per l’animazione? Nata per gioco», racconta Lucia a Hot Corn davanti a un caffè.

Un frame del corto Inanimate.

LA SCOPERTA «Ero una studentessa dello IED di Milano e una band di amici musicisti mi chiese di fare un video. Provai a sperimentare e finii per costruire dei pupazzi senza avere idea di come funzionasse la stop motion. Il video ebbe un riscontro che mi diede grande fiducia, così iniziai a integrare studi di video design, che mi hanno dato una base tecnica, con l’interesse per la stop motion. Ero innamorata di Nightmare Before Christmas e La sposa cadavere di Tim Burton ma non ero ancora consapevole di poter creare animazione».

La sposa cadavere di Tim Burton.

L’IDEA «Inanimate è nato da un percorso di ricerca che mi ha fatto tornare ai miei studi di filosofia del Classico. Ho iniziato un viaggio di introspezione, recuperando Platone che mi ha portata a esplorare un mio modo di meditazione, mettendomi in contatto con un altro lato di me stessa relativo alla dimensione onirica. Ho voluto mettere questa mia tensione verso il subconscio al servizio del corto. Mi sono chiesta cosa accade a un pupazzo quando si rende conto di essere un pupazzo. Una domanda che vicina al concetto anche di un film come Ex Machina di Alex Garland».

Alex Garland e Oscar Isaac sul set di Ex Machina.

UN LAVORO PERSONALE «Non posso separare il lato tecnico da quello di ricerca filosofica e personale. In Inanimate c’è molto di mio: mi sono divertita a farlo perché è stata anche un’occasione di autoterapia. Il risultato è il fluire della mia coscienza filtrata dal corpo animato dentro il film. Ciò che accade alla protagonista è quello che sentivo accadere intorno a me. Una sensazione strana, ma bellissima. Ho lasciato parlare il mio subconscio e ho provato a tradurlo in maniera del tutto personale e spontanea».

Un altro momento di Inanimate.

IL MODELLO «Ho avuto in testa tutta l’opera di Charlie Kaufman in fase di scrittura, non soltanto Anomalisa ma soprattutto Il ladro di orchidee e Synecdoche, New York. Mi piace l’idea della rottura della quarta parete, la finzione che si confonde con la realtà. Adoro quel tipo di narrazione».

Una scena di Anomalisa di Charlie Kaufman.

IL FUTURO «Domani? Ho cominciato a lavorare ad alcuni concetti con delle potenziali storie. Sono ancora nella fase di gravidanza delle idee. Sarà un lungometraggio a tecnica mista, dove vorrei mischiare stop motion e live action e in cui mi chiederò che cosa sia la realtà, lavorando sempre con il mio subconscio. L’animazione, le mie idee e le mie creazioni sono parallele alla mia vita».

 

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