MILANO – Sì, è vero, saremo per sempre orfani. Orfani di John Belushi. Perché? Perché mai ci sarà un altro Bluto Blutarsky oppure un altro Jake Blues, nonostante la stampa americana abbia più volte cercato di individuare un erede, ossessionata da un’eredità che però è impossibile. Per chiunque il paragone sarà sempre lui: con Animal House, l’attore di origine albanese ha ridefinito il termine di corpo comico. Trascinante, irriverente, senza freni: nel film di John Landis, il solo Belushi capovolge e stravolge la concezione di college movie, declina il significato demenziale in maniera inedita, coniugandolo con quello di punk e iconoclasta.

Una carriera troppo breve, dove i successi si sono alternati agli insuccessi, che si è spenta il 5 marzo 1982 in quel maledetto bungalow del Chateau Marmont, 8221 su Sunset Boulevard. Ma i marchi del National Lampoon e del Saturday Night Live devono la loro fortuna e la loro notorietà a quei soli trentatré anni di vita, di esuberanza, di toga party e di bottiglie di Jack Daniel’s trangugiate in un sorso. Verrebbe quasi da credere si sia davvero trattata di una missione per conto di Dio: quella di un profeta la cui parola si è rivolta a tutti coloro che non sono mai stati presi come esempio, tutti quelli che hanno sempre detestato i ragazzi modello.

Sarebbe però riduttivo – e anche pigro – soffermarsi soltanto sui ruoli di anarchico e distruttore, sottovalutando l’attore dietro la maschera: perché solo il tempo ha proibito a John Belushi di spogliarsi degli abiti romani o di levarsi i Ray-Ban e il completo, e indossare quelli ordinari di un interprete sensibile, di abbandonare il diavolo del rhythm and blues e abbracciare magari i demoni dell’heavy metal, o fare pace con il proprio inferno interiore e rasserenarsi sulle melodie di un futuro più pop e meno hardcore.

Quello che sarebbe potuto essere e non è stato, oggi possiamo soltanto fantasticarlo: recuperando Chiamami aquila, per esempio – a oggi forse il più grande rimpianto, una commedia intelligente e moderna – in cui interpreta un giornalista d’assalto costretto a lasciare la città dopo essersi scagliato contro un assessore corrotto, e in esilio sulle Montagne Rocciose scoprirà (inaspettatamente) l’amore. Un’interpretazione per cui Belushi diede tutto se stesso, sottoponendosi a faticosi allenamenti e arrivando a perdere venti chili.

E perché non concedere una seconda possibilità a I vicini di casa, all’epoca – era il dicembre del 1981 – frettolosamente massacrato da critica e pubblico. Scoprirete che l’esigenza di John era quella di smarcarsi dall’etichetta di buffone e guastafeste, di reinventarsi e mettersi in gioco, rifiutando il santino dell’anticonformista, proprio lui che santi e protettori li avrebbe presi a calci, proprio lui che oggi viene evocato come un mito da portafoglio. No, era molto di più. Tocca a noi riscoprirlo, continuamente.
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