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Joaquin Phoenix: «Per A Beautiful Day ho recitato con i fuochi d’artificio in testa»

New York, i file audio, la tenerezza e i ricordi: l’attore racconta il suo vendicatore tormentato

Joaquin Phoenix alla presentazione di A Beautiful Day a Roma. Foto M. Santacatterina
Joaquin Phoenix alla presentazione di A Beautiful Day a Roma. Foto Manuela Santacatterina

Scarpe da ginnastica, barba incolta e giubbetto blu chiuso fino al collo: così si è presentato Joaquin Phoenix a noi di Hot Corn per parlare del nuovo cult A Beautiful Day – lo trovate su CHILI, film notevole in cui interpreta Joe, veterano di guerra e agente dell’FBI, uomo perseguitato dai ricordi che per guadagnarsi da vivere libera ragazze costrette in stato di schiavitù sessuale. Una di loro è la figlia di un politico, costretta a prostituirsi, Nina (Ekaterina Samsonov), nella quale rivede il suo passato di bambino abusato. Ispirato al racconto di Jonathan Ames e diretto da Lynne Ramsey, il film andrebbe visto anche solo per l’interpretazione dello stesso Joaquin Phoenix, che ci ha raccontato così il suo viaggio dentro Joe.

Lynne Ramsay e Joaquin Phoenix a Roma per presentare il film. Foto di M. Santacatterina
Lynne Ramsay e Joaquin Phoenix a Roma. Foto di M. Santacatterina

IL PERSONAGGIO «Sono partito dalla sceneggiatura e da infinite conversazioni con Lynne (Ramsey, nda). Sembravano non portare da nessuna parte ma, ogni tanto, come una scintilla, compariva un’idea su Joe. Ho anche letto molto sullo sviluppo del cervello in età infantile e su come gli abusi influenzino e si ripercuotano sul modo di ragionare. Così ho capito che, visto quello che aveva subito, che Joe non prendeva decisioni basate sul ragionamento. È stato un lungo processo di costruzione fatto insieme a Lynne che mi mandava anche file audio con fuochi d’artificio in sottofondo. Mi diceva che era quello che Joe sentiva nella testa».

Phoenix e Ramsey l’anno scorso a Cannes, alla presentazione del film. Foto Denis Makarenko per Shutterstock

IL RICORDO «I miei genitori mi ripetevano di non fare agli altri quello che non avrei voluto fosse fatto a me. E anche un’altra cosa: di seguire la mia cazzo di verità. Anche se loro forse non usavano questo tipo di linguaggio».

Lynne Ramsay e Joaquin Phoenix preparabo una scena sul set di A Beautiful Day
Ancora Ramsay e Phoenix a colloquio sul set.

LA TENEREZZA «Forse questo aspetto di Joe c’era già da qualche parte nella sceneggiatura, ma non ne ero consapevole. A volte sei ossessionato da alcune scene e trascuri altro. Volevamo mostrare entrambe le facce di questo personaggio, non solo la parte violenta. Jo vive un costante conflitto: è alla ricerca della pace della mente ma, al contempo, si mette sempre in situazioni pericolose. Nella relazione con la madre volevamo mostrare la tenerezza e l’amore ma anche la frustrazione di avere a che fare con una persona malata e anziana».

Sul set, davanti ai giornalieri.

LA COLONNA SONORA «La score di Johnny Greenwood? Non l’ho ancora ascoltato. O meglio, ho sentito solo la parte dei titoli di coda. È raro che un attore lo faccia prima della fine delle riprese perché solitamente viene scritta a film concluso. Quello che Lynne mi ha raccomandato di fare, invece, era concentrarmi sui suoni della città. Non vivo più a New York, da tempo e li avevo dimenticati. Ho prestato loro attenzione insieme al suono del martello usato dal mio personaggio».

Judith Anna Roberts e Joaquin Phoenix in una scena del film
Judith Anna Roberts e Phoenix in un’altra scena.

IL RITMO «Non sono abituato a valutare una produzione rispetto alla dimensione economica. Accetto solo in base alle persone coinvolte. Quello che mi interessa è il materiale, la sostanza, il regista. È stata una gioia partecipare a questo film. So che per Lynne è stato difficile ma io la ringrazio per avermi dato la possibilità di lavorare a un ritmo così serrato. Ogni giorno dovevamo dare il massimo perché non avevamo molto tempo a disposizione. Io, in cambio, le ho regalato 70 ore di roba, che lei ha dovuto setacciare per tirar fuori qualcosa di buono…».

A Cannes con il premio come miglior attore per A Beautiful Day.

IL SENTIRE «Tutto quello che provo e sperimento mentre sto lavorando al film finisce per farne parte. Ogni interazione, scambio o rapporto, dentro o fuori dal set, influenza quello che diventerà la pellicola. Un esempio? Per me anche le location possono avere un impatto da questo punto di vista. Tutti elementi poi filtrati attraverso l’inquadratura e l’obiettivo della macchina da presa».

  • Volete (ri)vedere A Beautiful Day? Lo trovate su CHILI!
  • Qui una clip tratta da A Beautiful Day:

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