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Jeremy Irons: «Io e l’Italia, tra Zeffirelli, Bertolucci e quelle note di Morricone…»

Il cibo, la luce, ma anche le scelte e la recitazione: la lezione di cinema dell’attore all’Allora Fest di Ostuni

Jeremy Irons
Jeremy Irons a Ostuni all'Allora Fest.

OSTUNI – Sembra la scena di un film. Cappello bianco e camicia aperta sul petto, Jeremy Irons ha l’aria di un gentlemen inglese in vacanza. Prima di salire sul palco per la masterclass dell’Allora Fest fuma il sigaro e conversa amabilmente su un divanetto con Oliver Stone. L’inconfondibile ciuffo è ora grigio, ma il fascino, la classe, lo stile sono intatti, gli stessi di personaggi indimenticabili della storia del cinema: dall’algido Claus von Bülow de Il mistero von Bulow, per cui ha vinto l’unico Oscar, al gesuita di Mission fino ai gemelli di Inseparabili. Una galleria di personaggi che oggi l’attore confessa di portarsi dentro una traccia. «Sì, come quando entri in una stanza in cui qualcuno ha fumato la pipa. Anche se non c’è più, rimane un alone». Ironico, con uno humour di cui solo gli inglesi sono capaci, sincero, coinvolgente, ecco come si è raccontato sul palco di Ostuni.

Jeremy Irons
Jeremy Irons durante la masterclass all’Allora di Ostuni. Foto di Michele Falcone

L’ITALIA – «In Italia ci sono due cose importanti: la luce e il cibo. Ricordo Bernardo (Bertolucci, nda) mentre giravamo Io ballo da sola in Toscana. Era il 1995. Aveva un grosso tendone dove si faceva la pausa pranzo, una pausa pranzo che durava anche un’ora e mezzo. Bernardo era un egocentrico, ma nel senso bello della parola, sempre gentilissimo. Ricordo invece Franco Zeffirelli in Callas Forever, che aveva un cuoco che gli cucinava quello che desiderava al momento. Mi disse anche che, essendo lui già malato, se non fosse riuscito a finire le riprese avrei dovuto concludere io il film. Con Giuseppe Tornatore abbiamo avuto qualche incomprensione per La corrispondenza: gli spiegavo che la traduzione del testo non collimava con il senso nella nostra lingua, grande regista anche lui però. E poi ricordo anche un altro italiano, Ennio Morricone: basti pensare ad un film come Mission per capire il suo genio e l’effetto della musica sulle persone».

Con Liv Tyler in una scena di Io ballo da sola. Era il 1996.

LA RECITAZIONE – «Perché ho voluto fare l’attore? Perché volevo essere uno zingaro, un nomade, volevo vivere al di fuori della società in cui tutto è ben definito, come l’ambiente in cui sono cresciuto. E volevo viaggiare, vedere luoghi diversi, sperimentare, incontrare persone interessanti. Sul set di un film poi cerco di rimanere lo stretto necessario, di stare il meno possibile nella roulotte ad attendere il mio turno, anche se a volte è inevitabile e così faccio le parole crociate nell’attesa, un modo per tenere occupata la mente. Sono un po’ pigro, lo confesso, mi piace rallentare e dedicarmi alle mie passioni, come restaurare i mobili. Molto tempo fa quando vedevo sedie messe male, le prendevo e le rimettevo a nuovo. Poi, quando ho cominciato a guadagnare bene con la recitazione, ho fatto lo stesso con le case e anche con il mio castello, in Irlanda, dove vivo con il mio cane e il mio cavallo…».

Jeremy Irons
La sala della masterclass di Jeremy Irons all’Allora Fest.

LE SCELTE – «Come faccio a girare grandi film come Mission e poi cinecomic come Justice League? Tutti abbiamo bisogno di soldi, no? Con quei soldi guadagnati con i blockbuster posso permettere di scegliere anche qualcosa di piccolo che amo. La regia in realtà non so se mi attira. A dire la verità ci ho pensato qualche volta, ma non mi è mai arrivata una storia adatta. Non sono stato ancora sedotto abbastanza da qualcosa che mi colpisse e che mi chiedesse di essere girata. E poi, diciamolo, ci sono tante sceneggiature veramente brutte…».

Jeremy Irons con David Lynch e Harry Dean Stanton sul set di Inland Emprie.

IO E LYNCH – «Erano iniziate le riprese di Inland Empire, così, ad un certo punto, chiamo Laura Dern per spiegarmi cosa pensava della sceneggiatura. Lei rimane in silenzio, poi mi dice: “Quale sceneggiatura?». Arrivo sul set il giorno dopo e David Lynch mi porge un foglio. Gli spiego che pur con poche battute mi servono almeno due giorni per prepararle e lui mi spiega che non ci sono problemi, perché la parte è quella del regista. In un’altra scena invece, stavo aspettando il ciak per girare, ma lui stava girando senza aver avvertito nessuno. Un ‘esperienza unica…».

Un altro scatto di Irons all’Allora Fest.

IL CONSIGLIO – «Il mio consiglio per un giovane attore? Fare qualcos’altro, qualsiasi altra cosa che sa fare bene perché questo è un mestiere difficilissimo in cui solo pochi riescono ad arrivare al successo. Poi ci sono migliaia di persone che tentano di avere una carriera nel mondo dello spettacolo, ma non ci riescono. Se invece proprio non si sa fare nient’altro e si è davvero convinti di sopportare sacrifici, studio, prove e preparazione allora si può tentare questa carriera. Il cinema è una questione di alchimia, di accostamenti magici, e il regista è come uno chef che riesce a mettere insieme tanti ingredienti e li lascia cuocere piano piano. È un lavoro lento, meticoloso, sapiente, ma poi quando tutte le componenti di un film – gli attori la musica i dialoghi il scenografie, la fotografia – si incastrano magicamente viene fuori qualcosa di incredibile…»

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