in

Indiana Jones e l’Ultima Crociata | Anatomia di un capolavoro totale

Il Graal, Venezia e papà Sean Connery: perché il terzo film della saga rischia di essere il migliore

ROMA – È raro, quasi impossibile che un terzo capitolo riesca ad uguagliare (o superare) il punto di partenza. Se però si ha un grande personaggio, allora forse la sfida è possibile. La ricompensa? Questa volta né fortuna né gloria, ma di appartenenza, di radici, di (ri)scoperta. «The man with the hat is back. And this time, he’s bringing his Dad», recitava la tagline del film, quando, trent’anni fa (in Italia sarebbe uscito il 6 ottobre) arrivò nelle sale americane – in occasione del Memorial Day – Indiana Jones e L’ultima crociata. E non c’era frase più adatta per riassumere il senso cinematografico e metaforico del film con Indy che tornava sul grande schermo per la terza volta, dopo la corsa de Il tempio maledetto. Portandosi quel papà ingombrante, arrogante e brontolone a cui non voleva somigliare. Finendo, però, come i migliori padri e figli, per diventare la stessa cosa.

Effetto VHS: Harrison Ford con Sean Connery in una scena di Indiana Jones
Effetto VHS: Harrison Ford con Sean Connery in una scena

Così, le origini dell’archeologo inventato da Lucas e Spielberg, citando i vecchi heroes del cinema Anni Trenta – nonché il cane di Lucas e le strisce di Tintin – si fondono con l’ambizione di incontrare il Divino. Che passi per la coppa da cui bevve Gesù, o l’importanza di una famiglia. In mezzo, i volti immortali (per restare in tema) di Henry Jones Jr. e del professor Henry Jones Sr.; Harrison Ford all’ennesima potenza, Sean Connery in puro slancio gigionesco da attore incredibile. A ragione, qualcuno titolò la coppia cinematografica del decennio. Vero. Del resto, come non amare uno che riesce ad abbattere un aereo nazista con la storia? «Improvvisamente mi sono ricordato il mio Carlo Magno: “Lasciate che i miei eserciti siano le rocce, gli alberi e i pennuti del cielo”», diceva, svagato e sornione, papà Jones ad un incredulo Junior, in una delle scene più belle.

«Adoro Venezia». Indy con Elsa Schneider, interpretata dall'irlandese Alison Doody
«Adoro Venezia». Indy con Elsa Schneider, interpretata dall’irlandese Alison Doody

L’ultima crociata, dunque, spinto da una ventata di novità rispetto ai film precedenti, fu un tale successo che al botteghino riuscì anche a superare il Batman di Tim Burton. Non solo, a oggi è anche l’episodio della trilogia che ha incassato di più bel mondo: quasi mezzo miliardo di dollari. Inflazione a parte, un risultato clamoroso in un periodo storico in cui di film, nelle sale, non mancavano. E allora, ecco storie che si intrecciano in un cammino che porta Indy in giro per il mondo: dalla polvere dello Utah, quando da ragazzo aveva la faccia di River Phoenix (!) – una delle migliori sequenze d’apertura che, a memoria, ricordiamo –, fino alla Chiesa di San Barnaba a Venezia – che Spielberg fece diventare una biblioteca – e poi in Germania, faccia a faccia con l’ossessione nazista, fino alle gole di El Khasneh di Petra, in Giordania.

La croce di Coronado e River Phoenix, il giovane Indiana Jones
La croce di Coronado e River Phoenix, il giovane Indiana Jones

Sullo schermo, la linea rossa che vola da un punto all’altro della cartina, mentre John Williams suona la marcia diventata leggendaria. Indiana cerca il Santo Graal e viceversa. Entrambi però finiranno per trovare altro. In mezzo, uno dei più bei film d’azione degli Anni Ottanta, dove Spielberg, reduce dalle riflessioni de Il colore viola e L’impero del sole, riuscì a liberare tutta l’adrenalina e le letture dei fumetti di Tintin. Senza mai esagerare, però, sempre ragionato e consequenziale, come le tre prove finali che deve affrontare Indy per salvare il padre, prima che il mondo intero. O la corsa a cavallo, al fianco dell’amico Sallah, contro i carri armati dei nazisti. Funziona tutto, anche – e soprattutto – dopo trent’anni.

VHS dopo VHS, Dvd dopo Dvd, c’è sempre qualcosa di nuovo che compare per magia, arriva sempre una battuta pronunciata in modo diverso. Quindi, trent’anni come se non fossero trascorsi, continuando a fare scuola di sceneggiatura, di messa in scena, di colpi ad effetto. Indiana Jones e L’Ultima Crociata – prima che Indy fosse rivisto ne Il Regno dei Teschio di Cristallo, che qualcosa di buono comunque aveva – è l’ultimo vero must-see classic action movie: canoni classici e personaggi destinati ad essere eterni. Capaci, addirittura, di farci tornare bambini, indossando un vecchio cappello di feltro e una giacca di pelle. Se non è immortalità questa.

Lascia un Commento

Carlo Macchitella: «Il viaggio produttivo di Diabolik, la nostra sfida e i sequel che verranno»

Lasciarsi un Giorno a Roma

Lasciarsi un Giorno a Roma | Edoardo Leo, Marta Nieto e un film in cui (ri)specchiarsi