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Giovanni Basso: «Mindemic (Opera Zero), Giorgio Colangeli e il mio archetipo catastrofico»

Da poco nelle sale italiane, il film è un viaggio delirante nel processo creativo come ci racconta il regista

giovanni basso
Giovanni Basso racconta Mindemic

MILANO – L’opera prima di Giovanni Basso è un concentrato di delirio e follia, che vede protagonista un grande Giorgio Colangeli (qui la nostra intervista) nei panni di un regista disilluso, che non lavora da anni. In Mindemic (Opera Zero) si costruisce la prova della sua vita: ha tre giorni per scrivere la sceneggiatura più bella che abbia mai fatto, ma l’essere chiuso e isolato in un appartamento gioca brutti scherzi all’immaginazione. Girato interamente con un iPhone 8+ e una truppe molto ridotta, il risultato è un viaggio straniante nel processo creativo del suo protagonista, Nino. Abbiamo parlato con Giovanni Basso, che ci ha raccontato della genesi del film e del rapporto con Giorgio Colangeli, tra lenti anamorfiche e Dillinger è morto.

MINDEMIC – «Era da tempo che volevo realizzare l’opera prima in un modo un po’ particolare, nel senso che mi prendeva bene l’idea di avere una troupe ridotta e di lavorare diciamo andando nella direzione dove registi maestri sono andati anni fa, quindi Cassavetes e tanti altri che facevano film con poco. Volevo realizzare un film che fosse in una location unica con un attore grandissimo e dargli tutto il tempo possibile di esprimere il personaggio. L’idea era quella di lavorare sull’archetipo dell’evento catastrofico, che può essere qualsiasi cosa perché in quanto archetipo va proprio alla radice. Quindi nel film non si sa che cosa è successo, se è una guerra, se una bomba atomica, se una pandemia: può essere un po’ l’arrivo degli alieni. Può essere qualsiasi cosa ma non conta, perché quello che importa è sapere in che condizione è il nostro personaggio Nino e stare con lui e vivere questo delirio creativo».

Mindemic è l’opera prima di Giovanni Basso

NINO – «Non volevo fosse un giovane regista che faceva fatica perché ovviamente sarebbe diventato un processo di immedesimazione. Invece, quello che mi interessava era raccontare un personaggio molto più lontano da me da un punto di vista quantomeno anagrafico, anche se poi ho pensato che alla fine un personaggio che è sul viale del tramonto in realtà può sentirsi molto come un giovane regista che non ha ancora fatto l’opera prima, cioè emarginato e esterno. Perché fare un’opera prima è sempre molto complicato per tutti e ci sono sempre mille ostacoli da superare».

GIORGIO COLANGELI – «Quando ho scritto la sceneggiatura, due anni fa, l’ho scritta pensando proprio a Giorgio Colangeli, perché l’avevo conosciuto quando abbiamo fatto un corto insieme, Il grande Presidente, nel 2019. L’idea era realizzare questo personaggio e giocare con questo lui in una situazione delirante. Ho pensato subito a Giorgio perché non vedevo nessun altro in questo ruolo. Mi sono stampato proprio la sua foto e me la sono tenuta con me mentre scrivevo. Quando gli ho mandato la sceneggiatura ne parlavo con i miei colleghi e dicevo: “Se Giorgio non lo vuole fare o non è disponibile, non posso farlo. Non ho nessun altro con cui fare questo film perché ormai vedo solo lui”. Poi fortunatamente tre giorni dopo mi ha chiamato e mi ha detto che era entusiasta e che voleva assolutamente fare questo film, un po’ come Nino che nel film dice “Facciamolo, facciamolo, facciamolo!”».

Giorgio Colangeli, protagonista assoluto di Mindemic di Giovanni Basso

L’IPHONE – «Ho scelto di girare con un iPhone perché giravamo a Roma e le geometrie dell’appartamento non erano molto grandi. Volevo ottenere un effetto di straniamento del protagonista che fosse solo dentro questo frame molto largo, quindi dare più sensazione di abbandono e quando si lavora con le ottiche sferiche questo senso non lo percepisci bene, quindi bisognava lavorare con un anamorfico. Ma con le geometrie della casa era impossibile lavorare con camere molto ingombranti. Invece la bellezza del telefono e che è una camera sottile come un foglio, quindi lo metti dove vuoi e lo gestisci come vuoi. E applicando questa lente anamorfica americana, che poi è la stessa che ha usato Soderberg per High Flying Bird, l’immagine è la stessa, però ha una dinamicità e una praticità di utilizzo enorme».

ISPIRAZIONI – «In generale ci sono tanti registi che mi piacciono molto, che ho studiato e che di cui sono appassionato. Penso a registi più classici, da Fellini e Antonioni a un grande regista che io adoro come Ferreri, oppure anche Pietro Germi e Pietro Gregoretti. Tutto quel genere di cinema, anche molto impegnato, degli anni Sessanta e Settanta. Dillinger è morto di Ferreri è stato una base di riferimento per Mindemic, e grazie a lui ho scoperto il compositore Teo Usuelli, di cui poi ho deciso di utilizzare le musiche che ha composto per un altro film di Ghione del ’68. Però anche tanto cinema straniero, Billy Wilder, che adoro alla follia, o altri come Nicolas Rey. Insomma, ho sono passato i vari lockdown negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta riguardando una marea di materiale dell’epoca».

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Giovanni Basso dirige Giorgio Colangeli in Mindemic

UN FILM DA VEDERE – «Un film che tutti dovrebbero vedere è proprio Dillinger è morto. C’è un Michel Piccoli magistrale. È molto lontano da quelle che sono le strutture narrative contemporanee e Ferreri e i suoi, anche loro lo girarono con una troupe di cinque persone in dieci giorni con una camera molto semplice in una casa. Ci sono queste situazioni dove a volte si vengono a creare delle dinamiche creative particolari che sono lontane dall’industria più tradizionale e classica, ma poi buttano fuori delle cose molto belle…».

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